In una sala Orazi e Curiazi dei Musei capitolini tornata dopo i recenti lavori di restauro al suo antico splendore, oggi, in occasione del 60esimo anniversario dei Trattati di Roma, 27 rappresentanti di altrettanti Paesi tra capi di Stato e primi ministri firmeranno una dichiarazione per dare nuovo slancio a un’Europa in vistosa e preoccupante crisi.

Allora, 25 marzo 1957, per un progetto nato sulle ceneri della guerra, fu firmato l’atto di nascita di un’Europa limitata ai 5 Stati fondatori della Ceca, Comunità economica del carbone e dell’acciaio.

Oggi i Paesi dell’Unione europea sono 27, dopo l’uscita della Gran Bretagna sancita dal recente referendum popolare.

A fronte di un aspetto positivo, quale l’allargamento degli Stati membri, l’Europa non è, però, in buona salute, anzi, è in grave crisi, politica ed economica. Un governo politico l’Unione europea non l’ha mai avuto, con la conseguente incapacità di intervenire per risolvere problemi e situazioni comuni. Fatto prevedibile,  considerato che  le 27 nazioni hanno una propria politica estera e proprie forze armate.  Ma è anche crisi economica, perché l’euro non sembra essere adeguato sia sotto l’aspetto propriamente economico, sia su quello fiscale.

Oggi, dunque, capi di Stato e primi ministri dell’Ue sono a Roma per ridare fiato un organismo che respira con affanno e che, pertanto, deve mettere nero su bianco con una dichiarazione solenne che indicherà dove andare e come andare.

Si parla di un’Europa a due velocità, ma nel testo del documento ci sarà scritto “ritmi diversi”, conseguenza di un inevitabile compromesso lessicale rispetto a due Paesi, la Grecia e la Polonia, peraltro ancora in dubbio sulla firma dello stesso documento nonostante un linguaggio più sfumato.