Era il 16 ottobre del 1943 quando i tedeschi rastrellarono oltre 1000 ebrei dal ghetto della città eterna. Seguì la loro deportazione verso Auschwitz, luogo di morte e disperazione per milioni di uomini, donne, vecchi e bambini. Nessun ebreo veniva risparmiato.

Neppure gli anziani o i malati, anzi, più erano deboli e derelitti maggiormente erano considerati ospiti ideali per le docce a gas del III° Reich.  Anche il regime italiano, purtroppo, ebbe gravi responsabilità nelle deportazioni di massa che il folle ex imbianchino pretendeva dai suoi alleati.

Una Balilla nera faceva la ronda per le strade romane e di altre città dello stivale. I questurini prelevavano quasi sempre persone incapaci di difendersi, con la promessa di riportarli a casa prima di sera. I poveretti non avrebbero più visto la loro casa, dal carcere venivano poi caricati in massa e trasferiti nei famigerati campi di concentramento tedeschi. 

Era il 1936 quando Iosif Vissarionovic, meglio noto come Stalin, inaugurò il periodo del grande terrore. Un attacco sferrato contro il suo stesso popolo in barba agli ipocriti proclami di uguaglianza e fraternità. Le stime più ottimistiche parlano di circa 17 milioni di persone morte a causa degli stermini di massa operati dal dittatore rosso.  Stalin fu la mente, ma in tanti furono il braccio delle esecuzioni volte a creare un clima di terrore, delazione e isterismo.

Una potente pressione psicologica che, secondo gli psicologi russi odierni, non ha ancora sopito del tutto i suoi effetti. Sia gli ambienti dell'intellighenzia e sia quelli meno colti non riuscirono, in quel momento, a cogliere in pieno la fonte di cotanta disumana violenza. Stalin, come Hitler o Mussolini, veniva giustificato quasi fosse all'oscuro delle nefandezze della NKVD: “Ah, se qualcuno lo facesse presente a Stalin”, esclamò Pasternak alla comparsa sulla sua soglia della polizia politica. Mentre molti contadini russi piansero di gratitudine quando il sanguinario capo del comunismo russo abolì finalmente il razionamento del pane, quasi non fosse stato lui ad ordinarlo in precedenza.

Anche i lager non erano più accoglienti di quelli tedeschi, anzi, vennero descritti dai sopravvissuti come inferni di ghiaccio dai quali fuggire era impossibile. Il primo nemico era il gelo siberiano, poi veniva la fame, le sevizie degli aguzzini russi e non ultimo le distanze, impossibili da coprire senza mezzi adeguati.

A quel tempo i mezzi di informazione erano circoscritti alla carta stampata, che di norma era controllata dal regime di turno, mentre la rara stampa libera era clandestina.  In tanti continuavano a prestare il fianco ai vari regimi, rimanendo nella falsa convinzione che quella massa di gente era semplicemente destinata a campi di lavoro e non certo di sterminio.

Anche Iosif, come gli altri, faceva propaganda mostrando filmati e gigantografie che lo ritraevano come un amorevole nonno che accarezza i suoi nipotini, salvo poi ordinare l'omicidio della stessa moglie, del cognato e dei collaboratori a lui più vicini. Sfruttando le tecnologie dell'epoca mostrava al grande pubblico la falsa felicità di chi lavorava nelle fattorie collettive, arrivando a creare dei veri e propri set cinematografici, i quali mostravano delle città fasulle dove tutto funzionava al meglio con il popolo padrone che godeva beato.

Oggi nell'epoca dei tablet, smartphone, computer, Facebook, Twetter e altro ancora, l'informazione non conosce confini e permette di conoscere in pochi secondi tutte le nefandezze perpetrate dal pazzoide di turno.

Eppure, ancora oggi, un tale di nome Al-Baghdadi si è auto-nominato califfo ed è partito alla conquista del mondo, proprio come fece Adolf. Ovunque transiti, il nuovo Fuhrer semina terrore, saccheggiando i forzieri di banche nazionali pubbliche e private, pozzi petroliferi, grandi centrali elettriche.  Anche lui, come Hitler e Stalin utilizza le ultime tecnologie per la propaganda e per fare proselitismo.