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La Compagnia Teatro Ittiri è un gruppo di over 50enni composta da venti attori amatoriali divenuta nel corso di dieci anni una vera famiglia. Una compagnia che si autofinanzia e che utilizza gli incassi esclusivamente per beneficenza.
Divenuti popolari per la ventata di allegria che riescono a trasmettere nelle piazze, recitano in lingua sarda, precisamente logudorese, ossia il dialetto utilizzato nella quotidianità ittirese ancora oggi.
Per la festa di San Pietro, nel paese natale della compagnia, si sono esibiti trasportando il pubblico in un’epoca lontana ma tanto familiare. Acclamati dai numerosi cittadini, hanno rappresentato “In Sa Duttoressa” uno spettacolo che racconta, e ricorda ai nostalgici, quel che avveniva in un ambulatorio medico cinquanta anni fa.
Parliamo di un’epoca che racconta l’assenza dei social e la scarsa lettura dei quotidiani; un periodo in cui l’ambulatorio medico era un posto di ritrovo dove si scambiavano tutte le notizie che accadevano in paese.
Gli attori hanno vestito i panni di chi fingeva più del dovuto i propri mali per saltare la fila; chi aveva parenti allettati in casa e quindi doveva vedere la dottoressa il prima possibile ma, in realtà, sostava con piacere in ambulatorio per apprendere il gossip del paese; chi lasciava il figlio per fare la fila e andava in giro per Ittiri. Esilaranti gli aneddoti di cittadine alle prese con uffici comunali e gli intrighi con i venditori ambulanti sassaresi.
La regista e autrice, Maria Franca Pisanu, ha pescato dal cesto dei suoi ricordi d'infanzia e ha arricchito le vicende di umorismo. Ai microfoni di Sardegna Live ha raccontato i segreti che si celano dietro un’opera di grande successo. La stessa ha dichiarato “Durante gli spettacoli ritroviamo un pubblico che ha già assistito più volte all’opera. Siamo infinitamente grati per questo seguito.” Inoltre, solo per noi, ha svelato l’anima del progetto e le gioie e difficoltà della compagnia.
Buongiorno Maria Franca, come nasce l’idea di questo spettacolo?
“Io sono un’insegnante della scuola primaria con la passione del teatro. Ho iniziato proprio con i miei alunni, ottenendo insieme a loro tante soddisfazioni e riconoscimenti regionali. Poi un giorno è arrivata una proposta: fondare una compagnia teatrale composta da adulti. E così dieci anni fa è iniziata la ricerca, in giro per Ittiri, di persone che avessero voglia di mettersi in gioco e divertirsi per fare del bene”
Perché del ‘fare del bene’?
La nostra è una associazione No-Profit, ci autofinanziamo senza avere nemmeno una sede. L’unico aiuto da parte dell’amministrazione e avere in concessione l’auditorium delle scuole per fare le prove. Tutti gli incassi delle serate vengono interamente devoluti in beneficienza.
Abbiamo aiutato l’ospedale di Sassari per l’emergenza Covid per l’acquisto di mascherine e dispositivi medici; ci ha colpito l’incendio del Montiferru e allora abbiamo devoluto del denaro per l’acquisto di reti di recinsione e foraggio. Tra tutti, abbiamo aiutato anche Cristina, una ragazza dolcissima di Thiesi, che a causa di una setticemia aveva perso le gambe e le mani dopo l’amputazione. Doveva recarsi inevitabilmente a Bologna per le protesi e per lei abbiamo realizzato due spettacoli per aiutarla economicamente nel suo percorso. Ogni qualvolta abbiamo delle richieste di aiuto noi valutiamo e interveniamo con tutto il cuore”
Parliamo dell’ultima opera messa in scena. In quali anni è ambientata “In Sa Duttoressa”?
“Lo spettacolo è ambientato tra gli anni ’60 e ’70. La mia ispirazione è nata dallo studio medico di una dottoressa di Ittiri. Ho riportato i ricordi della mia infanzia, ossia dei fatti e le chiacchere che avvenivano mentre mia mamma mi accompagnava a far la fila (era uso comune lasciare i figli per fare la fila dal medico). Ricordo queste interminabili mattine fatte di attese, chiacchere, pettegolezzi ed episodi tragicomici. Come, ad esempio, quello rappresentato dell’informatore scientifico.”
Parla dell’uomo chiamato da tutte le attrici “Il Viaggiatore”?
“Si, a Ittiri gli informatori scientifici vengono chiamati da decenni “I viaggiatori”. Assistetti davvero alla scena racitata nello spettacolo in cui si racconta – ride - di un gruppo di donne che sbatterono fuori dall’ambulatorio uno di loro e stanche dell’attesa gli dissero ‘Lei signor viaggiatore non entra qui nemmeno se diventa cieco’”
E dopo l’infinita attesa?
“Si entrava nello studio medico e davanti a me quel che oggi parrebbe pazzesco: la dottoressa fumava; nella scrivania un caos nero composto da tantissimi oggetti, tazzine di caffè impilate l’una sull’altra, posacenere pieno di cicche di sigarette. Lei era simpaticissima, parlava rigorosamente in sardo e aveva le sue amiche del cuore che la informavano, e aggiornavano, di tutti i pettegolezzi del paese."
Sembra incredibile ma gli attori non sono professionisti, giusto?
“Ma assolutamente no! Non avete idea dell’impegno dietro quest’opera. L’età media è dai 60 anni in su (esclusi tre attori). Non sono attori professionisti, ma è vero anche che sono molto professionali: studiano, combattono con gli acciacchi del tempo, con i lutti della vita e non si fermano mai. Rappresentano al meglio un vero spaccato della realtà ittirese che hanno respirato sin dai primi anni di età e fatti realmente accaduti.”
Replicherete in altre città o è difficile esportare la lingua ittirese fuori dal paese in Sardegna?
“Nel circondario non è difficile. Ad esempio, ci siamo esibiti a Olmedo, Villanova, Putifigari, Thiesi, Semestene. Il nostro sogno è portare i nostri spettacoli in giro per l’Italia e di ricordare, ai numerosi sardi sparsi per la Nazione, quel che accadeva nella loro infanzia. Farli ridere e gioire insieme a noi.”
Questa era la vostra terza opera. A breve potremo assistere alla quarta?
“Si a dicembre. Ci sarà la figura del Trattatore (colui che combinava i fidanzamenti in paese); non voglio anticipare molto, ma parlerà di un fraintendimento per un fidanzamento e si riderà, come sempre, tantissimo.”