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Luca Sanna, Chef de Cuisine de Il Trillo Ristorante e Giardino, vince il Premio per settore ospitalità come “Ambasciatore del cibo della cucina italiana. Il premio gli è stato consegnato dallo chef Enzo Olivieri presidente della Federazione italiana cuochi delegazione UK.
Il Bond Street Awards è un premio internazionale assegnato a Londra ad aziende, imprenditori, manager e professionisti che si sono caratterizzati per innovazione, alti standard etici e professionali, nonché intuito, competenza e ricerca. Si distingue per la capacità di creare reti professionali a livello internazionale e sostenere la crescita dell’economia britannica portando esperienza, capacità e sviluppo in tutto il mondo.
Classe 1977 nasce ad Iglesias (SU), dopo aver compiuto gli studi universitari a Pisa, a Luca non serve molto tempo per farsi notare e prendere in mano la sua passione per la cucina che, fin da subito, prevale su tutto e lo porta nel 2016 a trasferirsi a Londra, dove inizia uno stage presso il Trillo ristorante e Giardino nel quartiere Vip di Chelsea che ospita clienti come Pippa Middleton , 2 primi ministri (David Cameron e Theresa May ), James Blunt , Mika , Gianna Nannini, etc.
Qui, inizialmente assunto come chef de partie, durante gli anni perfeziona la sua formazione con vari stage nei ristoranti stellati di Londra e da maggio 2021 diventa Chef de cuisine.
E adesso iniziamo il nostro viaggio nel gusto con lui!
Benvenuto Luca
Facciamo un passo indietro nel tempo, perché la scelta di diventare chef?
“Ho sempre avuto una fortissima passione per la cucina, ma il lavoro mi portava via tanto tempo e l’idea di frequentare un corso mi sembrava impossibile da conciliare con i miei orari lavorativi. Un giorno ho pensato che probabilmente la mia passione poteva diventare la mia professione. A quel punto, a 37 anni, ho deciso di prendermi un anno sabbatico dal mio lavoro ed iscrivermi in una scuola di cucina. L’inizio del corso, i docenti e le esperienze di stage hanno confermato che quello era ciò che volevo, effettivamente, fare “da grande” ”.
Quanto la Sardegna è presente nei tuoi piatti?
“I miei piatti rispettano la tradizione del locale per cui lavoro, cucina tradizionale Toscana e italiana, ma non posso nascondere che di tanto in tanto, la contaminazione di qualche eccellenza culinaria sarda arrivi sulle tavole degli ospiti del ristorante: pane civraxiu, pizzette sfogliate, pirichittus, pardulas, torrone etc.”
Esiste un tratto particolare che caratterizza la tua cucina?
“La mia idea di cucina si basa sulla semplicità e sull’utilizzo di prodotti di qualità. Il prodotto buono e la stagionalità sono la base. Naturalmente sono fondamentali le tecniche moderne di cottura che ho acquisito nei vari stage in ristoranti stellati”.
A cosa non si può rinunciare per essere un grande chef?
“Credo nello studio e sono convinto che in questo mestiere, come in tanti altri, bisogna continuamente aggiornarsi. Come diceva Gualtiero Marchesi: “viaggiare e coltivare la propria cultura.” Cercare di fare più esperienze possibili a contatto con diverse culture gastronomiche, in modo da avere una maggiore apertura mentale di sviluppo della ricetta e di conseguenza dei sapori”.
Come nasce una tua ricetta e quanto è importante la fantasia nell’elaborazione di un piatto?
“Una ricetta può nascere da un’ispirazione che ho avuto camminando per strada, da un piatto del passato rielaborato, da un ingrediente, da un disegno, un’opera d’arte, un viaggio all’estero, da un insieme di esperienze e assaggi. Da questo poi parte un processo di elaborazione, insieme a tutto lo staff, che poi porterà ai sapori ricercati e al livello estetico immaginato. La fantasia è importante in cucina, è alla base di tutto e permette di sperimentare e creare nuovi piatti”.
Dove immagini di essere tra cinque o dieci anni?
“Il mio sogno è quello di ritornare in Sardegna nella mia zona e poter aprire, insieme a mia moglie (anche lei lavora nel settore dell’ospitalità) un ristorante dove possa mettere in pratica tutte le mie esperienze e la mia idea di cucina. Elaborare ricette rispettando la stagionalità e lavorando a diretto contatto con pescatori, allevatori e agricoltori in modo da poter sfruttare, nel miglior modo possibile, il Km0 delle nostre eccellenze. Quello che vorrei è un ristorante sostenibile che cerca di ridurre gli sprechi e che punta su ricette semplici rielaborate con tecniche moderne di cottura”.