Pubblichiamo volentieri, qui di seguito, la lettera che ci ha inviato in redazione il sig. Giancarlo Ballone di Alghero. Ciò che colpisce del suo scritto è la grande forza interiore, fondata su saldi principi ereditati nel tempo, con cui vuole lottare, senza mai arrendersi, per evitare lo sfaldamento di antichi valori e tradizioni, in questo caso religiosi, senza i quali lo stesso sig. Ballone vede una comunità, quella algherese, privata di fondamentali codici di appartenenza. Sul piano formale, la lettera è dai toni forti, che testimoniano  un' attaccamento incrollabile rispetto alla cultura, agli usi e ai costumi della propria gente. 

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Lletra a Monsenyor lo Bisbe. 

Caro Vescovo, chi scrive è un semplice fedele che, sebbene non assiduo, quando va in chiesa ascolta la Messa con il giusto sentimento verso il Signore. Andavo spesso ad ascoltare la Messa della domenica, a S. Francesco, celebrata in algherese. La sentivo nel mio animo come se mi desse qualcosa in più.

Le scrivo con la speranza di far sapere al massimo responsabile della Diocesi di Alghero la delusione mia e di tanti fedelissimi della Chiesa di S. Francesco alla notizia che il nostro unico prete, nativo della nostra città, Don Tavera, che celebra la Messa in algherese, proseguendo il mandato lasciato dagli stimati sacerdoti locali Don Sanna, Don Manunta, Monsignor Corrias, Don Nughes, non potrà più celebrarla, perché verrà trasferito lontano da Alghero. Ultimamente Don Tavera sostituiva a S. Francesco Don Nughes impedito a celebrare la Messa in algherese per motivi di salute.

Quando Lei è venuto ad amministrare la nostra diocesi, le voci che circolavano erano: “és un Bisbe jove, molt culte”. Questo per me significava una persona aperta al dialogo con tutti, capace di capire le esigenze dei fedeli, compresa quella di ascoltare le parole di Cristo nella nostra lingua.

Con il fatto di aver allontanato Don Tavera da Villanova, da cui poteva con relativa facilità scendere ad Alghero e celebrare la Messa in algherese, ora ci troviamo privati di quel privilegio che il nostro concittadino capellà  ogni domenica ci concedeva, e questo era per noi una cosa molto gradita. 

Monsignore, mi scusi, ma ne deve tener conto! Non può trascurare questa nostra esigenza, perché l’uso della lingua ci fa sentire nel modo più profondo che facciamo parte di una comunità. È così complicato trasferire Don Tavera ad Alghero? E spostare uno non algherese, magari ne sarebbe felice, soprattutto uno di quelli che contribuiscono a stravolgere la nostra amata  Settimana Santa, includendo usi e costumi del suo luogo natio, imponendo la propria cultura senza nessuna sensibilità dei sentimenti degli algheresi, senza nessun rispetto per la cultura della Città. 

Mi creda, Monsenyor, ho avuto anche la tentazione di fare dei volantini e distribuirli ai fedeli  della chiesa di S. Francesco, pregandoli di non fare offerte finché non fosse ripristinata la Messa in algherese. Questo comportava da parte mia un sentimento di cattiveria nei confronti della Chiesa e questo  non fa parte della mia indole, né di quella della mia gente. Anche se i Frati minori conventuali si meriterebbero questa cattiveria per via di quegli altari lignei di cui  hanno espropriato la nostra chiesa e che continuano a considerare di loro proprietà, dimenticando la regola di S. Francesco, a cui ripugnavano gli averi terreni, ma questa è una altra storia.

Fiducioso mi aspetto che il nostro Bisbe “molt culte” prenda dei provvedimenti giusti che accontentino  questa tollerante comunità. Che ascolti la mia gente, la sua gente, quella vera, semplice, come è giusto che sia.

Con stima Gian