La pandemia “fai da te” ha portato ad un aumento dei disturbi d'ansia tra gli italiani, e le persone con disagio psichico sono più a rischio.

L'allerta arriva da psichiatri ed esperti in occasione del web forum internazionale 'Pills of Psyichiatry and Neurology - Psychiatric and Neurological issues in the Covid-19 era', organizzato dall'Università di Brescia e dalla Fondazione Internazionale Menarini.

Tra tamponi fai-da-te, diagnosi fai-da-te e anche cure fai-da-te, gli italiani stanno infatti vivendo una nuova fase 'auto-gestita' della pandemia. "Test rapidi da fare a casa e in farmacia e fughe dagli uffici spesso auto-imposte, al di là dei protocolli ufficiali, alimentano l'ansia anziché ridurla.

Alla ricerca di un nuovo equilibrio con il virus, abbiamo vissuto fasi alterne - dichiara Emilio Sacchetti, coordinatore scientifico del web forum e Professore Emerito di Psichiatria all'Università di Brescia -. Soprattutto nelle ultime settimane, siamo passati dall'idea trionfalistica dell'immunità di gregge e della guarigione allo scoramento, quando siamo stati colpiti da questa nuova ondata. Ora, nella consapevolezza di dover accettare una prolungata convivenza col virus gestita in modo sempre più individuale, l'atteggiamento collettivo sta cambiando".

 Da una parte, sottolinea, "si fa strada una visione più matura e meno spaventata, che riconosce l'efficacia della scienza e osserva come i continui record di contagi da Omicron sembrino causare sintomi più lievi grazie all'aiuto dei vaccini e della dose booster. Dall'altra aumenta il carico d'ansia associato alla consapevolezza che la scienza ha limiti intrinseci". Per "superare l'ansia e il malessere che tuttora proviamo, l'adesione alla campagna di vaccinazione e l'uso delle misure di prevenzione devono però andare di pari passo - afferma - con una spinta alla socializzazione e a una nuova normalità, per arginare gli effetti devastanti sulla psiche dei cittadini".

Gli esperti hanno inoltre ribadito come circa il 70% della popolazione desideri essere vaccinata, il 20-25% manifesti dubbi ed il rimanente 5-10% sia nella fascia degli irriducibilmente contrari. La somministrazione della vaccinazione al 90% circa della popolazione, rileva Sacchetti, "indica che la quota degli esitanti è ormai ridotta all'osso, perciò altri strumenti dovrebbero essere messi in atto per spingere gli irriducibili a vaccinarsi, come una comunicazione empatica ed emozionale". Gli psichiatri evidenziano inoltre come Covid e salute mentale siano legati a doppio filo: secondo un recente studio pubblicato su The Lancet Psychiatry, i problemi di salute mentale pregressi come ansia e depressione possono aumentare in media del 65% il rischio di infezione da SarsCoV2. Viceversa, una persona sana che si ammali di Covid ha un rischio notevolmente maggiore di sviluppare un disturbo psichiatrico nei 14-90 giorni successivi al contagio, rispetto a chi si ammala di influenza o altre infezioni.

Nonostante la pandemia abbia dunque aumentato il bisogno di assistenza psichiatrica, "le risorse sanitarie sempre più scarse e tutte rivolte a fronteggiare l'emergenza Covid hanno portato a tagliare anche molte attività dei servizi dedicati alla salute mentale. Un paradosso - conclude Sacchetti - che deve essere ridotto per garantire alla popolazione almeno i livelli essenziali di cura psichiatrica".