Roma, 8 mag. (Adnkronos Salute)() - Medici e infermieri sull'orlo di una crisi di nervi, ancor più allo stremo dopo 3 anni di pandemia. Depressi, stressati e in perenne carenza di sonno per orari e carichi di lavoro sempre più pesanti, con l'aggravante della mancanza di riconoscimenti, la quasi impossibilità a instaurare un rapporto empatico con i pazienti e la burocrazia che rende tutto ancora più difficile. Questi i sintomi della Sindrome da burnout, uno stato di stress permanente che affligge il 52% dei medici e il 45% degli infermieri che lavorano nei reparti ospedalieri di medicina interna, dove si concentra un quinto di tutti i ricoveri in Italia. Uno su due pensa di licenziarsi. Intanto, lavorare sotto stress in corsia costa quasi 100 mila errori sanitari l’anno.

Questo la fotografia scattata dalla survey condotta da Fadoi, la Federazione dei medici internisti ospedalieri, su un campione rappresentativo di oltre duemila professionisti sanitari e presentata a Milano al 28.esimo Congresso nazionale della Federazione.

Si definisce in “burnout” è il 49,6% del campione, ma la percentuale sale al 52% quando si parla di medici, per ridiscendere al 45% nel caso degli infermieri. Per entrambe le categorie l’incidenza è più che doppia tra le donne, che fanno ancora i conti con la difficoltà di coniugare il tempo dedicato ala lavoro con quello assorbito dai figli e dalla famiglia. Dalla survey, però, emerge anche che la larga maggioranza di medici e infermieri è ancora gratificata dal proprio lavoro e dal rapporto con i pazienti. A influire sullo stato di stress cronico è anche l'età: sotto i trent’anni la percentuale di chi è in burnout cala al 30,5%. Il dato del burnout resta comunque preoccupante. E proiettando i numeri più che significativi delle medicine interne sull'intero universo dei professionisti del Ssn, ci sono oltre 56mila medici e 125.500 infermieri che lavorano in burnout. E che, per questo motivo, incappano in qualche inevitabile errore.

Uno studio condotto dalla Johns Hopkins University e dalla Mayo Clinic del Minnesota ha rilevato almeno un errore grave nel corso dell’anno nel 36% dei camici bianchi in burnout. Percentuale che proiettata sul totale dei nostri medici da un totale di oltre 20mila errori gravi. Stesso discorso per gli infermieri: una serie di studi internazionali raccolti dalla Fnopi, la Federazione degli Ordini infermieristici, stima siano addirittura il 57% gli errori clinici più o meno gravi commessi nell’arco di un anno. Dato che applicato sul numero degli infermieri pubblici operanti in Italia in burnout, dà altri 71.500 errori. Per un totale, dunque, di almeno 92mila.

Lo stress cronico sul lavoro nuoce anche alla salute dei diretti interessati. "L’influenza del burnout sulle malattie professionali è un fatto ormai acclarato dalla letteratura scientifica - afferma Francesco Dentali, presidente Fadoi - Il rischio di infarto del miocardio e di altri eventi avversi coronarici è infatti circa due volte e mezzo superiore in chi è in burnout, mentre le minacce di aborto vanno dal 20% quando l’orario di lavoro non supera le 40 ore settimanali salendo via via al 35% quando si arriva a farne 70. Evento sempre meno raro con il cronico sottodimensionamento delle piante organiche ospedaliere". Ritmi e condizioni di lavoro sono diventati spesso insostenibili, così il 61% dei medici e il 48,4% degli infermieri intervistati da Fadoi, a fine giornata si sente “emotivamente sfinito”. Tanto che quasi il 50% pensa di licenziarsi entro l’anno.

La ricerca Fadoi mostra anche un positivo rovescio della medaglia. Nonostante le difficili condizioni di lavoro, sia la stragrande maggioranza dei medici che quella degli infermieri “sente di aver affrontato efficacemente i problemi dei propri pazienti” e di “aver realizzato molte cose nel corso della propria attività lavorativa”. Mentre nello specifico l’84% dei camici bianchi “crede di influenzare positivamente la vita delle altre persone con il proprio lavoro” e nel 73% dei casi si sente “rallegrata dopo aver lavorato con i propri pazienti”.