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Premessa. Chi scrive, tra pochi mesi scenderà a Roma per sostenere l’esame che dà l’abilitazione al giornalismo professionistico.
Preoccupato no, perlomeno non tanto. Potrebbe capitare di non farcela al primo colpo, ma questo certamente non significherebbe la fine del mondo.
La bocciatura agli scritti di Giulia Innocenzi -collaboratrice di Michele Santoro nel programma Servizio pubblico- ha alzato su un polverone eccessivo, di cui sono parimenti colpevoli i giornalisti di Libero (eternamente alla ricerca di nuovi “metodi Boffo” coi quali scatenarsi) e la Innocenzi stessa (decisamente fuori luogo pubblicare su Facebook l’elaborato incriminato).
Si è scatenata una bagarre tra pro e contro. L’ennesima guerra civile (fortunatamente senza morti né feriti), sport preferito da noi italiani.
Proviamo a porci invece una domanda più sensata: con quali criteri gli esaminatori decidono se sei abilitato a passare al secondo ‘round’ degli orali? Per quale motivo negli ultimi tempi c’è stata una percentuale enorme di bocciati, mentre negli anni passati era piuttosto risicata?
Ce lo chiediamo perché c’è un dato oggettivo, non confutabile di cui tenere conto: tante persone che in più occasioni hanno dimostrato di saper scrivere veramente bene (rispettando le regole della scrittura giornalistica), arrivate lì nella Capitale fanno –inaspettatamente- un bel tonfo.
Il Presidente dell’Ordine dei Giornalisti Enzo Jacopino ha cercato di smorzare un po’ i toni con queste parole: «Il giudizio, positivo o negativo, è falsato dalla tensione e non fotografa certamente le vostre reali capacità».
Il punto, caro Jacopino, è che più di un indizio lascia intendere che non sia solo un fatto di tensione. Spesso succede che ragazzi seri –gente con la testa sulle spalle, realista, capace di comprendere autonomamente se ha fatto bene o se ha fatto male- non riescano a giustificarsi l’esito fallimentare della prova. E si domandano: “Ma come è possibile? Io sono sicuro/a di aver fatto quello che mi era richiesto di fare”.
È evidente, dunque, che la faccenda non va liquidata facilmente.
Data per scontata la serietà e l’onestà intellettuale degli esaminatori, si tratta di inoltrare agli stessi una piccola, ma importante richiesta: è lecito avere qualche delucidazione maggiore sui metodi di valutazione? Al di là della buona forma grammaticale, della scrittura scorrevole e della necessaria neutralità nella scrittura –soprattutto quando si affronta il tema politico- quali altri consigli vi sentite di dare a noi ragazzi per riuscire al meglio?
Veniamo in pace, signori commissari. Non è una missiva polemica; anzi, esprime il desiderio di creare un ponte di dialogo tra voi e noi.
Per chiudere il cerchio su Servizio pubblico, la Innocenzi si consoli: a fronte di migliaia di giovani che faticano a entrare nel mercato editoriale, la signorina godrà sempre di un occhio di riguardo presso molte persone importanti.
Si è offesa per le invettive di Libero? Eh vabbè, acqua passata ormai. Comunque, si ricordi sempre che chi di privacy ferisce (più volte la redazione di Santoro ha il vizio di grattare nell’intimità delle persone) di privacy perisce.