Le cronache dei giorni scorsi riportano della fuga dal gruppo alfaniano del senatore D'Alì. Il figliol prodigo, dopo il pentimento, rientra nel suo vecchio nido accolto a braccia aperte dal padrone di casa.

Ma sarà veramente questa la realtà? Oppure come al solito ciò che appare è solo un copione addomesticato per gettare sul popolo un oggetto sul quale contendere? Un motivo per combattere, contrapporsi all'avversario di turno, contestandolo su tutto ciò che dice e su tutto ciò che fa, a prescindere dal torto o dalla ragione? 

Per i più maligni il distacco dal partito dell'odiato/amato cavaliere, da parte del gruppo di Angelino, non è altro che un finto divorzio tra una coppia di coniugi che non hanno mai smesso di amarsi, ma in qualche modo dovevano pur sfuggire al fisco.  L'intento della coppia Alfa-sconi, sempre secondo “quei soliti maligni”, è invece stare con i piedi su due staffe, o magari anche tre.

Una specie di piovra, la coppia Alfa-sconi, la quale stenderebbe i suoi tentacoli ovunque: nel governo e fuori. Nel governo per incidere e controllare da vicino le scelte di quel simpatico concorrente della ruota della fortuna. Fuori per dimostrare agli elettori prossimi futuri, che Forza Italia non ha nulla a che vedere con l'azione di governo, fatta di giuggiolose promesse, misure insufficienti, fantasiose iniziative, riforme inutili o irrealizzabili. Le quali vorrebbero, da sole, far risplendere nuovamente l'economia italiana, cosi depredata nell'ultimo decennio, da quello che era il suo cuore pulsante: le manifatture e le relative esportazioni.

 

“Cane e gatto, cane e gatto, chi l'ha detto che non si può?” recitava la canzoncina, che le piccole Carla e Rosalba interpretavano sul finire degli anni 80, davanti al pubblico dello zecchino d'oro. Anche nell'arena politica, nulla ci sarebbe di male nel trovare un accordo, nell'unire le diverse forze, nel far sedere fianco a fianco gli uomini migliori delle diverse fazioni, se non fosse che la solfa spesso è sempre e comunque la stessa: fare gli interessi dei soliti potenti (pochi), a discapito dei soliti poveri comuni mortali (molti).

Ma chissà che un giorno, uomini di buona volontà non spuntino veramente all'orizzonte. Unite le forze, saprebbero come sbarazzarsi dei giochi di palazzo che, da che mondo è mondo, spartiscono il potere.

Eppure, udite, udite,  tutto ciò dovrebbe prima di tutto, partire dalla gente comune. Quella folla che dovrebbe iniziare a ragionare senza i limiti di una bandiera, senza i paraocchi che accendono un odio cieco nei confronti dell'altro che non la pensa come te. Anche il solo ammettere ciò che di buono ha fatto l'avversario, sarebbe già un primo significativo passo avanti. Permetterebbe, nel cambio di bandiera, di continuare una strada che, se pur iniziata dall'altro, è comunque la via maestra da seguire per il successo e soprattutto per conseguire quello che dovrebbe essere il vero obbiettivo di chi suona le corde della politica: il benessere generale.

 

Dunque, sinché la musica non cambierà, non lo faranno neppure i suonatori. Continueranno a fingere battaglia perché questo è ciò che vogliono le armate cattura voti, o la base, cosi come qualcuno, ormai anacronisticamente, si ostina a definirla.  Finché continueremo a pensare che unire le forze sia un inciucio e non invece un unione di idee e di forze che se pur divergenti possono convergere sul bene del paese, le strategie dei musicanti saranno quelle viste col teatrale divorzio della coppia Alfa-sconi e con l'ultimo atto del rientro a casa di Tonino D'Alì. Una mossa che ufficialmente parrebbe andare nella direzione di voler sgretolare il potere del governo Renzi-Alfano. Ufficiosamente invece parrebbe atta a voler tirare la corda di Matteo, senza spezzarla a favore di Grillo, per ottenere ciò che il “nonno” della Pascale vuole, senza neppure apparire quale attore protagonista.

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