Capire tutti i testi di Franco Battiato prevede almeno un certo tipo di cultura. Non una cultura generale, ma una cultura specifica che è quella della cosiddetta “ricerca spirituale”.

Ormai nelle librerie gli scaffali sono colmi di testi che c’invitano ad esplorare la saggezza che viene dall’oriente e dall’occidente, dal nord e da sud del mondo. Lui, Franco, iniziò da giovanissimo la sua ricerca sul senso della vita, approfondendo l’esplorazione del buddismo e della meditazione. Poi, come ogni ricercatore che si rispetti, proseguì il suo cammino seguendo altri insegnamenti che riteneva più in linea con la sua idea o, meglio, con la sua propensione a vedere le cose.

Mi permetto di segnalare che ad un certo punto del suo percorso incontrò l’insegnamento di George Ivanovitch Gurdjieff, un maestro spirituale armeno che influenza tuttora migliaia di appassionati cercatori di verità.

Buttiamoci in qualcuna delle sue canzoni belle, suggestive e misteriose, forse per questo spesso anche incomprensibili, e vediamo cosa riusciamo a tirarne fuori in quanto a significato.

Ci sono moltissime canzoni di Battiato che ci rimandano alle stelle, alle galassie a Dio, alla ricerca dell’anima, al senso della vita. Vista l’impossibilità di analizzare la sua opera monumentale, io prenderei solo alcune sue canzoni famose, per analizzare “due” concetti che da sempre sono quelli che la gente o non capisce o fraintende, ma forse per questo sono anche un po’ il marchio di fabbrica del grande artista siciliano.

Il primo è “Centro di gravità permanente” e il secondo è “E ti vengo a cercare”.  Prima di iniziare l’analisi, voglio ricordare che nel suo lavoro di maggior successo, “La voce del padrone” (che sarebbe la voce della coscienza), i testi appaiono volutamente surreali, giocosi quando non addirittura demenziali, ma ogni tanto c’è una perla di saggezza nascosta qua e là. Frasi che, tra una reminescenza del liceo e una velata critica al potere, rimandano ad un’antichissima conoscenza, perseguita in prima persona da sempre con pervicacia dal cantautore.

“Cerco un centro di gravità permanente che non mi faccia mai cambiare idea sulle cose, sulla gente…”.

Secondo l’insegnamento di Gurdjieff, l’essere umano non è affidabile, non ha una stabilità, non ha un piedistallo (nella Bibbia lo chiamano paraclito) fermo e immobile (psicologicamente), che gli permetta di non cambiare idea, pensiero, emozione. L’essere umano vive come se si trovasse sempre nel centro di una bufera, che da un momento all’altro lo può disarcionare dalla situazione in cui si trova. L’insegnamento del maestro caucasico tende a dare a chi lo intraprende la capacità di divenire un essere stabile, quindi con un “centro di gravità permanente”. Questa funzione andrebbe costruita per mezzo di un duro e lungo “lavoro su di sé”.

Secondo questa scuola di pensiero dovremmo vivere ogni cosa che ci accade come un’opportunità di crescita personale. Anzi, dovremmo e potremmo anche andare a cercarci le opportunità per “costruirci” questo “centro”. Questo è solo un lato di questa filosofia.

Poi Battiato s’innamorò del sufismo, una corrente sapienziale e mistica nata in Medio Oriente nel VI secolo circa. 

Cosa produce il Battiato sufi innamorato di Dio? “E ti vengo a cercare”, “Lode all’inviolato” e altre perle, che per brevità chiameremo canzoni mistiche. Leggendo un po’ di letteratura e di poesia sufi, si intuisce facilmente che in queste canzoni si va alla ricerca di Dio e si cantano le sue lodi.

<