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Sono trascorsi 45 anni da uno dei più tragici incidenti aerei avvenuti in Italia. Era il 14 settembre 1979. A mezzanotte e 47 minuti, un velivolo scomparve dai radar dei controllori di volo. Poi lo schianto, con un incredibile boato che giunse fin dentro alcune case di Capoterra.
L’aereo, un cosiddetto postalino DC9 – ATI della compagnia Aereo Trasporti Italiani, nell’effettuare la tratta di linea tra gli aeroporti di Alghero e di Cagliari-Elmas per poi dirigersi a Roma, si schiantò nel cuore nero delle montagne antistanti la raffineria di Sarroch.
Non si salvò nessuno. Morirono i 27 passeggeri e con loro il pilota, il copilota e gli altri due membri dell’equipaggio. I loro corpi, per l’esplosione che infiammò il bosco, divennero irriconoscibili.
Ci sono dettagli sconosciuti ai più. Con gli animali, ad esempio, specie i cinghiali che dapprima scapparono nel sottobosco per poi affacciarsi quando i soccorritori, alle prime luci dell’alba, videro quell’immane disastro.
Pochi sanno che un gruppo di militari venne dirottato a notte fonda in quella località con “l’ordine di sparare a chiunque, non autorizzato si avvicinasse al punto dell’impatto” raccontò in esclusiva a Sardegna Live Claudio Squintu, allora militare in servizio a Teulada. “Temevamo la presenza di sciacalli – spiegò – non tanto degli animali” che evidentemente potevano cibarsi di resti umani, “bensì di malintenzionati capaci di rubare magari oggetti di valore”.