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"Dopo la manifestazione delle lavoratrici e dei lavoratori dell'1 marzo a Cagliari ed il successivo sblocco di una situazione burocratica che appariva surreale è calato nuovamente il silenzio sulla vertenza Carbosulcis".
Lo denunciano i sindacati in una nota.
"La drammatica situazione in Ucraina e la conseguente ricerca di alternative al gas e al carbone russo hanno portato alla ribalta il tema della ridotta presenza di fonti energetiche tradizionali sul territorio italiano - spiega la Rsu - Questo fatto dovrebbe portare la politica a fare una riflessione circa l'opportunità di riconoscere il giacimento minerario del Sulcis come risorsa strategica nazionale fino al compimento di quel percorso, oramai tracciato, della transizione energetica con la conseguente chiusura delle centrali a carbone. Carbone che potrebbe anche avere utilizzi alternativi rispetto al 'carbone da vapore', come quello per la produzione di prodotti fertilizzanti, analogamente a quello che accade in altri siti carboniferi europei in riconversione, nonché utilizzo come suggerito dai documenti della commissione europea. Prodotti fertilizzanti che attualmente sono fortemente carenti sul mercato italiano".
In attesa della formalizzazione di un nuovo accordo sul progetto Aria, che potrebbe coinvolgere anche la Carbosulcis, la Rsu chiede "un incontro urgente con l'assessora all'Industria e l'assessore alla Programmazione prima che venga definito il nuovo accordo di programma. A noi appare evidente che il ruolo debba essere quello di guida al processo di riconversione e non di mero spettatore, o ancor peggio, di chi subisce gli indirizzi altrui".
I sindacati sollecitano un piano industriale "che permetta di andare oltre lo sterile piano di chiusura dell'attività mineraria e che permetta una transizione che comporti anche la creazione di quel lavoro che si sta perdendo a causa della transizione energetica che abbiamo di fronte".