Una lettera aperta su Facebook. Così, un giovane di Nule, ha deciso di alzare la voce rompendo il silenzio di paura e tristezza che si è abbattuto sulla sua comunità in queste ore così delicate per la storia del paese del Goceano. Questo è il testo della lettera:

"Mentre scrivo queste righe ascolto il mio vicino di casa che canticchia. Oggi però c'è qualcosa di malinconico nella cadenza delle sue note. Un po' mi fa male la pancia per quanto sto per scrivere. Non troppo tempo fa ero un adolescente che amava vivere a Nule. Ogni volta che potevo uscivo con gli amici e mi divertivo.

Poi gli anni sono aumentati e tante cose sono cambiate. Sicuramente sono cambiato anche io. Ora praticamente vivo a Sassari ma non passa giorno che io non legga (con piacere!) i post dei miei compaesani. Nel profilo ne ho di tutte le età: a partire dagli amichetti dei miei nipoti, sino alla compagnia delle mie sorelle e agli amici di mio padre. Leggo di tutto e metto a tutti mi piace: è il mio modo “social” di sentirli vicini anche se so che abitano nel centro Sardegna, lontani da me. Ora i loro post hanno un sapore diverso. Sono di poche parole e ricchi di punti interrogativi. Il perché lo sappiamo tutti, nulesi e non.

Ci sarebbe da chiedersi il perché le strade di questo splendido paesino di 1330 abitanti si sono svuotate e perché il vento della scorsa notte ci ha fatto paura. E se molti di noi sono stati svegliati dalla propria coscienza e non dal vento? Un sacco di domande mi martellano la testa: che futuro ha la nostra piccola comunità? Vogliamo seriamente scappare da qui e lasciare le nostre case e le nostre strade in balia del caos? Vogliamo che Nule scompaia? Che diventi un paesino fantasma? Penso e spero di no.

La gente ha paura perché abbiamo tutti tirato un po' troppo la corda in questi anni e se tiri troppo la corda si spezza e cadi con il sedere a terra. C'è molto da lavorare: in primis rivoglio i carabinieri che hanno il compito di stabilire e mantenere l'ordine. Ma non due ragazzini venticinquenni che hanno appena passato il concorso. Datemi quattro cinquantenni cazzuti che conoscono la mentalità dei sardi e che parlano con la gente (con la gente, per la gente, tra la gente....giusto?).

Rivoglio le istituzioni più vicine che mai (Comune, Provincia e Regione): politica è fare l'interesse generale cioè l'interesse di tutti. Chi non fa questo fa una cattiva politica e non è utile al cittadino.

Infine rivoglio anche un po' più di attenzione da quel signore che sta lassù. Lo chiamiamo Dio. 

Terrò le dita incrociate per la mia comunità e cercherò di collaborare, per come posso, nel migliorarla."