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Venezia, 28 nov. (dall'inviata Antonietta Ferrante) (Adnkronos) - Una manciata di secondi per pronunciare, a voce bassa, frasi che pesano un'eternità sulla propria vita. Filippo Turetta, 22 anni il prossimo 18 dicembre, sceglie con cura le parole da pronunciare davanti al gip di Venezia Benedetta Vitolo. Confessa, ma lo fa senza mai dire il nome di Giulia Cecchettin, quasi a cancellare l'identità di una donna prima uccisa e poi coperta da sacchi neri.
"Sono affranto, dispiaciuto per la tragedia che ho causato. Non voglio sottrarmi alle mie responsabilità, voglio pagare quello che sarà giusto per aver ucciso la mia ex fidanzata" dice lo studente di Ingegneria biomedica assistito dall'avvocato Giovanni Caruso. "Sto cercando di ricostruire nella mia memoria le emozioni e quello che è scattato in me quella sera" racconta al giudice e al pm Andrea Petroni che nei prossimi giorni potrebbe interrogarlo per mettere insieme tutti i pezzi di quel sabato 11 novembre quando i due compagni di università - dopo una serata passata in un centro commerciale di Marghera - si ritrovano a Vigonovo, nel parcheggio a 150 metri dalla villetta della famiglia Cecchettin.
E' qui, come si legge nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere, che Filippo accoltella Giulia, più colpi che lasciano sull'asfalto tracce di sangue e un coltello rotto con una lama lunga 21 centimetri. Giulia, che quattro giorni dopo avrebbe dovuto festeggiare la laurea, è costretta a risalire sulla Fiat Punto. Troppo in fretta perché un testimone, allertato da grida femminili, possa fornire ai carabinieri il numero di targa dell'auto. La giovane viene imbavagliata con del nastro adesivo, per impedirle di urlare, quindi l’auto si ferma nella zona industriale di Fossò. Qui la telecamera di una ditta coglie qualche istante della seconda aggressione: il 21enne insegue la vittima, la spinge e la ragazza batte la testa contro il marciapiede e l'asfalto.
Giulia non si muove più. L'ex fidanzato la carica sull'auto e inizia una fuga di oltre cento chilometri a due - fino al lago di Barcis dove la 22enne viene scaricata - quindi in solitaria fino alla Germania dove Filippo Turetta viene arrestato su mandato di arresto europeo. Alla polizia tedesca, che lo porta nel carcere di Halle, svela quello che ha fatto. Parole che oggi ha ripetuto davanti al gip di Venezia, rendendole valide per la giustizia italiana. "Fin da subito era mia intenzione consegnarmi e farmi arrestare. Questa era la mia intenzione. Ora sono molto stanco e non mi sento di aggiungere altro" le ultime parole di Turetta prima di lasciare la stanza dell'interrogatorio e prima di abbandonarsi a qualche lacrima.
Si dice "pentito" mentre gli agenti della Polizia penitenziaria lo riportano nella cella dell'infermeria del carcere di Montorio che condivide con un altro detenuto e prima di incontrare, nuovamente, il suo legale Caruso. La scelta di dichiarazioni spontanee è concordata: c'è stato troppo poco tempo per prepararsi alla pioggia di domande - gli atti dell'inchiesta sono nelle mani del difensore solo da ieri -, ma tacere non è la direzione corretta da prendere per evitare la condanna che può lievitare fino all'ergastolo. Inopportuno chiedere i domiciliari - viste le parole dell'ordinanza con cui il giudice evidenzia il pericolo di uccidere ancora - così come prematura appare la scelta di procedere con l'istanza per una perizia psichiatrica. La carta del vizio di mente è una strada che il legale potrà percorrere più tardi, dopo aver raccolto una documentazione medica finora assente.
Sul delitto restano ancora tante domande a cui l'autopsia prima - è prevista per sabato 1 dicembre a Padova - poi l'analisi delle tracce ematiche, dei coltelli e dell'auto (ancora in Germania) che saranno eseguiti dal Ris di Parma - dovranno rispondere con la possibilità di cambiare il capo di imputazione. Turetta potrebbe vedere aggravato l'omicidio volontario non solo dal legame affettivo, ma anche dalla premeditazione e dalla crudeltà, ma potrebbe rispondere pure di occultamento di cadavere oltre che del sequestro di persona già contestato. Ora, però, Filippo Turetta non pensa al processo: il 21enne continua a chiedere di mamma Elisabetta e papà Nicola, due genitori che più volte hanno chiesto scusa alla famiglia di Giulia.