Un anno dopo fa ancora male, come se non fosse cambiato nulla e, forse, davvero, nulla è cambiato da quel 18 novembre di un anno fa.

Quando ci siamo resi conto, era già successo tutto. L'acqua era già caduta, le nuvole fuggite, il tuoni si erano spenti e i lampi consumati. La terra aveva iniziato a riprendere fiato. E i ponti, le strade, le case, le mura... dove erano andate a finire? Dov'era Luca, il poliziotto? e tutti gli altri? Dov'era la piccola Morgana? E Patrizia?

Gli scienziati, quel ciclone, lo hanno chiamato Cleopatra, il nome nobile di una regina egizia.

E così, Cleopatra, in una sera d'autunno si è lanciata sulla nostra isola con tutta la sua furia e noi non eravamo pronti. Non eravamo capaci, non eravamo preparati ad un attacco così che ci ha presi per la pancia rivoltando le nostre città, le nostre montagne.

Un anno dopo le strade della Gallura e della Barbagia conservano ancora le terribili cicatrici delle ferite inferte dall'esercito di Cleopatra che con spade di fango ha saccheggiato la Sardegna e si è preso le sue donne e i suoi bambini, uccidendo uomini e anziani.

Ad Olbia, a Bitti, a Oliena hanno visto la natura ribellarsi all'arroganza dell'uomo costruttore che viola le leggi della terra e dell'acqua.

19 croci piantate come pugnali nel cuore di quest'isola che ha pianto in ginocchio, mentre la pioggia cessava, e poi si è rialzata con la faccia al sole e i capelli