Il nostro ordinamento solo di recente ha visto l’introduzione nel codice penale della fattispecie di atti persecutori, meglio conosciuta dai più come reato di stalking. È già l’uso di questo termine di origine anglosassone a svelare come in altri Paesi, primo fra tutti lo stato della California nel 1990, è stata sentita, da tempo, l’esigenza di colpire penalmente alcune condotte rientranti nell’alveo dei comportamenti persecutori.

L’Italia si è allineata a tale scelta di politica criminale nel 2009, colmando cosi un vuoto normativo che impediva a molti cittadini, moltissimi dei quali donne, di proteggersi e tutelarsi, attraverso l’introduzione dell’art. 612-bis nel codice penale, rubricato “atti persecutori”.

COME DIFENDERSI: CONOSCERE.

Per capire come difendersi occorre innanzitutto comprendere in cosa consista esattamente il reato di atti persecutori, ossia circoscrivere le condotte che esso rende penalmente rilevanti e individuare i mezzi di tutela che l’ordinamento prevede a riguardo.

 È utile ai fini della nostra indagine partire da una breve disamina del significato etimologico attribuito al termine ”stalking”, evocativo, come sopra evidenziato, della prima forma di tutela penale apprestata nei Paesi anglosassoni.

 La parola stalking  deriva dal verbo inglese to stalk, nel significato di  "camminare con circospezione", "camminare furtivamente" e quindi lo stalker è "colui che cammina in modo furtivo" o il "cacciatore in agguato".

La letteratura scientifica specializzata anglofona in tema di molestie assillanti, con il termine stalking intende indicare quindi un insieme di comportamenti molesti e continui, costituiti da ininterrotti appostamenti nei pressi del domicilio o degli ambienti comunemente frequentati dalla vittima, reiterati inoltre da intrusioni nella sua vita privata alla ricerca di un contatto personale per mezzo di pedinamenti, telefonate oscene o indesiderate.

Include anche l'invio di lettere, biglietti, posta elettronica, sms e oggetti non richiesti in modo persistente e ossessivo, in un crescendo culminante in minacce, scritte e verbali, degenerando talvolta in aggressioni fisiche come il ferimento o, addirittura, l'uccisione della vittima.

È pur vero che non esiste una definizione generalmente accettata di stalking, ma così come enunciato da studiosi delle molestie assillanti di lingua anglofona è colui che si "apposta", che "insegue", che "pedina e controlla" la propria vittima.

Il termine "inseguimento" è, infatti, quello più largamente usato e tradotto.

Quest'ultima definizione sembra la più vicina al comportamento tipico del molestatore assillante che è quello di seguire la vittima nei suoi movimenti per poi intromettersi nella sua vita privata.

Un'altra traduzione molto usata di "stalking" è "persecuzione", così come lo stalker è chiamato "persecutore" e la vittima "perseguitato; è questa la traduzione fatta propria dal legislatore italiano quando ha previsto il reato di atti persecutori all’art. 612-bis c.p. .

GLI ATTI PERSECUTORI: LA NORMA.

L'articolo 612 bis c.p. recita testualmente:
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni (2) chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumita' propria o di un prossimo congiunto o di persona