Tra i riti della settimana santa di Alghero, quelli del venerdì con la cerimonia del Desclavament (del Discendimento) e la successiva processione, sono rappresentativi forse dei momenti che più coinvolgono non solo i credenti di fede cristiana, ma anche tutti coloro che identificano nelle celebrazioni antiche quanto la stessa storia della città catalana, la tradizione e la cultura di una collettività  che in esse si riconosce. Senza riserve, di generazione in generazione.

La salvaguardia dei valori custoditi all’interno dei sentimenti e dei modi di essere di una comunità, è, o dovrebbe essere , sempre al centro dell’attenzione della comunità stessa per proteggerne i propri profili, caratterizzazioni e peculiarità.

Nella sua redazione di Alghero,  a Sardegna Live è pervenuta una lettera  in cui un nostro lettore della città catalana si dichiara stupito per certe “intrusioni”, come le chiama lui, ammesse ma non condivise, in un contesto di fede e di riti che non rispecchierebbe più, nella sua totalità, i sentimenti e lo spirito degli algheresi e di coloro che, per acquisizione, si sentono tali.                                                                                                                                                          

Pubblichiamo la lettera in questione nella sua stesura integrale, nel rispetto delle opinioni altrui, che, quand’anche accompagnate da parole forti e decise, portano allo scoperto sensazioni e fatti che ognuno potrà poi valutare a suo modo, condividendo oppure no.    


 

Gentile Direttore,

dopo tanto indugiare nello scrivere questa lettera ho deciso di espormi pur sapendo a cosa andrò incontro. Mi riferisco ai giudizi negativi che ci saranno di sicuro, ma comunque vada spero che la  mia gente capisca il mio pensiero. Pongo il problema delle nostre tradizioni, usi, costumi e lingua ad Alghero.

Ho seguito come ogni anno la Setmana Santa e sono sempre più sconsolato. Come per i miei genitori, i nonni, e tutti gli avi che li hanno preceduti, la processione era un momento di riflessione, di preghiera in silenzio, nell’intimità della loro fede. Le donne, vestite sobriamente, pregavano sfilando con i farols (lumi di candele) in mano al seguito delle figure sacre dei Santi.

Tutto questo, negli ultimi vent’anni è stato sconvolto dal folclore e dagli affari. Il Bisbe (Vescovo), i sacerdoti, le confraternite, non si pongono questo problema?

Ogni anno, il venerdì Santo, giorno del Desclavament (Discendimento), aspettavo un vecchio coro composto da persone anziane che cantavano in algherese dalle scale d’ingresso della residenza del Bisbe, “non di sua proprietà”, al passaggio della processione. Erano canti a noi molti cari,  come il Passe Gesù Crist,  dalle voci morbide e tenui che di fronte al bressol (culla) fermo davanti all’Episcopio assumevano un significato di profonda interiorità spiritualeEbbene, il Vescovo non ha permesso questo momento rituale. In cambio altri cori, all’esterno dell’edificio, provenienti da altri paesi con tradizioni e costumi e lingue diverse hanno spezzato quel solenne silenzio che nel raccoglimento della preghiera c’è