C’è qualcosa di scandaloso e assurdo che si perpetua in Italia, distante anni luce dai principi etico-morali recepiti dalla Carta fondamentale dello Stato, che è, appunto, la Costituzione repubblicana. Nella realtà, siamo un Paese ad alto indice di corruzione, che tradotto vuole dire trovarsi, con questa nomea, al 69° posto nel mondo e primi in Europa. È un bel record, nel disonore.

Non siamo da meno neanche nell’evasione fiscale, altra faccia della stessa e per niente mostrabile medaglia.  Continuiamo a convivere, finora senza via d’uscita, con due fenomeni storicamente radicati nel nostro tessuto sociale, che fanno a botte con un’altra realtà, quella dell’Italia per bene, strattonata e dissanguata dal malaffare di chi la fa perfidamente da padrone, nelle cose grandi come in quelle piccole, senza distinzioni di colore politico (che può anche non esserci), dalle periferie alle stanze del potere.

Ma dov’è lo scandalo? Non c’è più di che stupirsi, si dirà. Può essere, però a furia di vedere tutti i giorni la società in cui viviamo diversa e per niente somigliante a quella definita con i suoi principi fondamentali dalla Carta costituzionale, la delusione, lo scoramento, ma anche la rabbia, non si può immaginare che abbiano fine.

Nella storia repubblicana, troppe generazioni si sono succedute nell’attesa vana di un'Italia sempre più vicina agli ideali di libertà e di rispetto della persona umana per i quali si sono battuti, anche fino all’estremo sacrificio, intere generazioni di giovani, mai domi rispetto sogno di consegnare ai figli un futuro migliore.

Purtroppo, finora, andare contro i centri di potere, i potentati economici (compresi quelli apparentemente piccoli di periferia), i sistemi criminali e i politici corrotti è stata una guerra persa.

Per tutta la prima Repubblica, le responsabilità per questioni morali, di uguaglianza e di giustizia mai risolte, facevano capo alla vecchia Dc e del Psi craxiano, diventato troppo in fretta prima complice e in seguito incauto interprete dell’esercizio del potere democristiano. 

Con la seconda Repubblica siamo ai giorni nostri, con politici in sella da oltre vent’anni, in un’ alternanza al potere che ci ha consegnato una novità nello scenario della politica italiana, intesa come cambiamento in peggio. “Complice”, mani pulite, indagine servita per punire le responsabilità personali di chi fu trovato con le mani nel sacco, quando invece la speranza era anche che “tangentopoli”potesse rappresentare una lezione per le parti della società incancrenite dal malaffare.

In sostanza, tutto come prima, ma, appunto, con una grande novità: il consociativismo tra i partiti maggiori (con i loro necessari cespugli) disfattisi in tutta fretta di ogni ingombrante resistenza ideologica.

La conseguenza? Riforme sbandierate, ma mai fatte, all’insegna del reciprocamente comodo “Tutto cambia, niente cambia”. Salvo poi sorprendersi, secondo le esigenze del copione, in occasione di fatti venuti allo scoperto come il caso ora di “Mafia Capitale”. 

 

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