Dunque, il diluvio c’è stato. Enrico Letta è stato cacciato a malo modo e oggi salirà al Quirinale per rassegnare le dimissioni nelle mani del Capo dello Stato. Almeno nella sostanza, in tutto questo di clamoroso non c’è nulla, visto che ormai il governo Letta era diventato sempre di più un esecutivo del tirare a campare, tra interventi mai decisivi e ministri per niente propensi a dimettersi, come si dice, neanche a “cannonate”. Lo stesso Letta è stato letteralmente dimissionato, atto invisibile quanto concreto che tradotto vuole dire “buttato fuori” e senza molti fronzoli.

Cui prodest, a chi giova tutto questo terremoto politico? Speriamo agli italiani, innanzitutto. Erano loro a farne le spese con il Governo Letta, così come saranno sempre gli stessi, e cioè, in primo luogo, gli appartenenti alle categorie sociali più deboli, a subire le conseguenze ancora più devastanti in caso di fallimento del tornado Renzi e non certamente i politici di turno al potere, tra i quali non scorrerà mai lo stesso sangue che da tempo sgorga dalle viscere dei cittadini disperati e sempre più numerosi.

Un qualcosa di clamoroso c’è, però, in quanto accaduto ieri nella riunione della direzione  del Pd. Nella sua relazione, approvata con una grande maggioranza, Matteo Renzi ha tenuto a precisare che dopo l’uscita di Letta ci sarà un nuovo governo da condividere con l’attuale coalizione. A parte il fatto che tale dichiarazione conferma che l’ormai ex presidente del Consiglio è stato identificato come unica causa del suo stesso fallimento, resta, però, almeno per gli italiani, il grave dubbio che il segretario del Pd, nel suo nuovo incarico, possa raggiungere i suoi obiettivi con la stessa maggioranza che ha sostenuto l’esecutivo precedente.

Forse, agli italiani, almeno per un po’, converrà fare gli auguri a Renzi per un buon lavoro, perché se dovesse fallire pure lui, le conseguenze infauste si riverserebbero a valanga sempre su tutti noi. Una nuova legge elettorale è ciò che serve subito al Paese. Se è doveroso per noi stessi essere ottimisti sul lavoro del nuovo governo, è altrettanto vero che è indispensabile avere in tempi brevi le nuove regole a cui potersi richiamare qualora si dovesse andare a nuove elezioni. Si dice che prevenire sia meglio che curare. Nel caso dell’Italia, però, se non s’interverrà per tempo, non avremo margini per le terapie da seguire: si sprofonderà nell’infinito.