È nato tutto da un viaggio, sette anni fa, quando nel 2015 Francesca Gorzanelli ha visitato per la prima volta la zona di esclusione di Chernobyl per la realizzazione di un personale reportage. Da allora è maturato il progetto “Diario di un viaggio a Chernobyl”, finalizzato a far conoscere quell’angosciante realtà, nota a tutti per il disastro nucleare dell’aprile 1986, ma che da anni convive con conflitti e aspri dissidi, oppressa dai venti di guerra e dalle tensioni geopolitiche. Nel suo diario di viaggio Francesca ci fornisce un intimo ritratto dell’Ucraina e della sua gente, che ha avuto modo di conoscere da vicino e con cui ha stretto rapporti di amicizia e affetto. Oggi sui social è testimone indiretta delle sconfortanti ore che il popolo ucraino sta vivendo, raccontate dalla voce e dalle esperienze di alcuni contatti in loco. “Sono passati sette anni e ho iniziato a intrecciare amicizie”, racconta Francesca a Sardegna Live. “Le permanenze prolungate in Ucraina mi hanno spinto ad avvicinarmi alla sua gente e alla cultura del posto. Oggi là ho tanti amici, che da quando è scoppiato il conflitto mi tengono aggiornata sugli avvenimenti”.

DIARIO DI UN VIAGGIO A CHERNOBYL. “Tutto è iniziato otto anni fa, nel 2014, quando quella che è sbocciata in un’invasione a tutti gli effetti, negli ultimi giorni, a quel tempo riguardava esclusivamente i territori del sud, e quindi il Donbass e la Crimea. Questa gente, quindi – prosegue –, non ha certo conosciuto oggi la guerra, ma ci convive da tempo. Tante delle persone che conoscono vivono a Kiev e nel nord del Paese, e nonostante non si trovassero in pericolo erano ben coscienti di ciò che stava accadendo e dei rischi che quegli avvenimenti comportavano”. Lo stupore dei civili ucraini, racconta la blogger, sta nel fatto che a sua volta il mondo sia rimasto “stupito” di ciò che è avvenuto negli ultimi giorni, e si domandano: “Solo adesso si accorgono della nostra situazione?”. “Vivono il clamore che si è improvvisamente creato attorno alla vicenda con un certo fastidio – racconta –. ‘Come se prima andasse tutto bene’, commentano”.

CIVILI UCRAINI. Ma come stanno vivendo queste ore? “Sperano che possa esserci una risoluzione, nessuna delle persone che conosco pensava si arrivasse a tanto. Nonostante ciò, si erano già organizzati nell’eventualità di un vero conflitto a fuoco: provviste, acqua, medicinali. Reazioni? Differenti: qualcuno ha visto l’esplosione del conflitto come una fase di ‘resa dei conti’, una sorta di svolta dopo anni di stallo, come a dire: ‘Bene, adesso qualcosa dovrà necessariamente cambiare’. A dire il vero, da parte loro non percepisco il terrore che io stessa provo. Nessuno di quelli che conosco mi trasmette paura, mentre io vivo queste giornate con grande angoscia. Naturalmente provano panico e tensione, ma hanno raggiunto una sorta di consapevolezza e pensano che dopo un lungo periodo di incomunicabilità adesso sia giunto il momento di dialogare sul futuro. Si percepisce un fortissimo senso unitario, nazionalistico, e sono fermamente convinti che lo sforzo di ogni singolo cittadino verrà ripagato”.

BOMBARDAMENTI E INVASIONE. Bunker e rifugi, ecco come i civili corrono ai ripari: “Qui vi cercano costante riparo gli anziani e le famiglie con bimbi, mentre le persone adulte, in buone condizioni di salute, vi si recano soltanto quando scatta l’allarme. Chi invece, come un altro mio contatto, non ha nei paraggi della propria abitazione rifugi in cui recarsi in tarda serata, resta in casa tutto il giorno”. Con l’arrivo delle truppe russe a Chernobyl è scattato l’allarme radiazione, ma c’è da preoccuparsi? “Le radiazioni sono effettivamente aumentate, poiché in quei territori bisogna muoversi con cautela – spiega –.  Il suolo è contaminato e quindi non va smosso. L’arrivo sul posto dei mezzi corazzati, che hanno attraversato quelle zone, ha fatto sì che venisse sollevato il pulviscolo in aria aumentando la radioattività. Tuttavia, non si tratta assolutamente di un livello preoccupante”. L’aerea della centrale è adesso in mano ai russi: “Gli operai sono stati presi in ostaggio e tutto l’impianto è sotto il controllo degli invasori. Sicuramente la rapida conquista di Chernobyl è dovuta al fatto che si tratti di un buon punto strategico”.

AIUTI. Francesca ha fatto sapere tramite la propria pagina di voler organizzare una “spedizione” di aiuti, a supporto dei civili, poiché al termine del conflitto ci sarà tanto da ricostruire: “Al momento, con la guerra ancora in corso, non possiamo fare niente. L’idea è quella di organizzare dei gruppi di volontari disposti a portare le loro capacità e competenze al servizio di queste persone. Sono in contatto con un Comune trentino che ha messo a disposizione Croce Rossa e Vigili del Fuoco, adesso non ci resta che attendere e capire che risvolti avrà questo terribile conflitto”, conclude.