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141 bambini ammazzati, un insegnante arso vivo davanti agli occhi innocenti e increduli degli stessi bambini oggetto di carneficina. Questa la cronaca odierna proveniente dal Pakistan.
La nascita di quest'ultimo paese è recente. Risale al 1947, anno in cui si decise di separare i musulmani delle Indie creando, apposta per loro, una nazione in cui poter vivere professando liberamente la loro religione. Si voleva evitare in tal modo una contrapposizione violenta con la più antica e maggiormente diffusa religione induista dei Veda e del Dharma.
Ma anche cosi non si è riusciti a stabilizzare questa parte del mondo cosi come si sperava. Vari periodi di democrazia si sono alternati a dittature che rendevano questa repubblica islamica una farsa. Nel 2007 questo paese è stato alla ribalta delle cronache mondiali per l'attentato che provocò la morte della leader del partito popolare: Benazir Bhutto.
Già primo ministro per due volte, fu assassinata forse proprio perché donna e perché vista quale ostacolo dello strapotere islamico del leader Nawaz Sharif. Qualche anno prima aveva subito un altro attentato, allora fallito, per il quale accusò pubblicamente i talebani come autori materiali e l'allora presidente-militare Musharraf per non avere, quest'ultimo, organizzato un servizio d'ordine in grado di scongiurare la strage. Dal 2008 il paese è stato governato dal marito della Bhutto, Ali Zardari con una coalizione popolare democraticamente eletta.
Uno dei tanti significati del termine “religione” vuole che essa sia espressione di fervido e devoto rispetto per i nobili sentimenti. Se per i talebani il rispetto per la religione è tutto, se per loro cultura questa è addirittura superiore ai sentimenti familiari, allora mi domando, dove stanno i nobili sentimenti nell'ammazzare barbaramente dei bambini incolpevoli ed inconsapevoli? Oppure dove stanno quegli stessi sentimenti, nel torturare uomini o nel lapidare donne che non si prostrano alle loro idee?
Forse, (mi scuso con i lettori) nel mio precedente articolo sul sacco di Roma ho compiuto una grave dimenticanza, nel non aver inserito nell'ambito del tema sulle generali vigliaccherie della nostra società, quella più immonda che questi cruenti fatti di cronaca rappresentano. Una vigliaccheria, quella che ci perviene dal Pakistan, che si riassume bene con lo slogan della nota pubblicità: “ti piace vincere facile?” A questa si aggiunge nelle ultime ore quella dello Yemen sull'attentato al pullman con altri 26 bambini a bordo, che insieme sono quasi superiori come slealtà e vigliaccheria delle persone che lo compiono, alle camere a gas di Hitler o ai gulag di Stalin. Giusto per citare un bell'esempio di “nobile coraggio” che la storiografia ci spiattella quando ci racconta dei “grandi” della storia.
Prendendo spunto proprio dalle origini del Pakistan che prima del '47 apparteneva alla regione indiana con la sua atavica suddivisione in caste, forse dovremo iniziare a distinguere l'umanità in diverse categorie di uomini. Non certo in funzione del benessere economico o culturale, cosi come succedeva per gli antichissimi precetti induisti, ma ormai credo sia venuto il momento di farlo per il grado di civiltà che crediamo di aver raggiunto.
Dovremo prendere il coraggio a due mani e distinguere gli uomini veri, quelli onesti o comunque dalle nobili intenzioni, dalle altre categorie. I “mezzo-uomini” potrebbero essere quelli che a Roma sono chiamati “del mondo di mezzo”, coinvolti nell'inchiesta Mafia-capitale. In un'altra categoria ancora più in basso rientrerebbero quelli definibili “senza palle”. Più che uomini, bestie, che rientrano nella razza umana solo per le sembianze fisiche. Magari un po’ scimmiesche. Di questi in medio oriente se ne trovano parecchi tra i “talebani” o i cosiddetti estremisti islamici. In tale “branco” vi potrebbero rientrare anche califfi fantoccio che non sono riconosciuti da chi quella stessa religione la professa in modo serio e nobile. “Mezzo-uomini” o “senza palle” sempre di vigliacchi