Prigioniero nel suo corpo ma libero di pensare, di reagire, di gridare la sua rabbia senza voce ma che sapeva farsi sentire. 

È morto Salvatore Usala, l'uomo che non aveva mai accettato di spegnersi ogni giorno un po. 

La sua lotta era una lotta per tutti, anche per gli altri che come lui erano costretti a stare dentro quella barricata che il dolore innalza quando il male sopraggiunge, che isola chi non si oppone, che ti chiude gli occhi prima di morire. 

Il diritto alla salute a volte distrae quelli che stanno bene e hanno il potere di fare. 

Il dovere delle istituzioni spesso viene meno se la coscienza civile non dà la sveglia, non vigila sulle inquietudini, non mette in moto la protesta. 

Salvatore ha gridato il dolore di chi si è sentito privato di quello che dovrebbe consistere nell'ovvio e che invece spesso scade nell'oblio. 

Si è spenta una voce, ma lo spirito rimane. 

Resta l'esempio di un uomo che prima di smettere di soffrire ha lottato perché gli altri potessero soffrire di meno. 

In questo mondo di finti eroi con le medaglie di latta appuntate sul petto tu sei stato uno che ha vinto più di quanto non abbiano perso quelli che hai combattuto per farti valere. 

Grazie di tutto.