PHOTO
Solo qualche mese or sono, le pagine economiche della testata La Repubblica parlavano di una guerra intestina combattuta nei piani alti della Volkswagen. Il patron Piech voleva defenestrare l'AD, il quale protetto dai poteri politici e difeso dal sindacato, non ne volle sapere di farsi da parte.
Ma l'ormai ex amministratore delegato Martin Winterkorn aveva fatto i conti senza l'oste. Solo pochi giorni prima che il mondo sapesse dell'ormai famigerato “trucco Volkswagen” Martin era baldanzoso. Si pavoneggiava con i suoi colleghi, ostentando i risultati delle vendite che vedevano il suo gruppo scavalcare il colosso Toyota, storico primeur della classifica mondiale.
Sotto il segno della grande W, albergano una serie di grandi brand come Audi, Lamborghini, Porsche, Bugatti e Ducati, che insieme hanno venduto nel 2014 quasi 10 milioni di veicoli.
Il Gruppo di Wolfsburg annovera circa 600.000 dipendenti, dunque rappresenta un grande ingranaggio dell'economia mondiale, sia reale che finanziaria. Il pericolo è che l'eventuale tracollo, oltre all'impatto sull'economia reale e le inevitabili conseguenze occupazionali, possa avere degli effetti a catena sui listini borsistici di mezzo mondo. Qualunque marchio di qualsiasi comparto economico che detenga azioni Ww potrebbe essere trascinato al ribasso e cancellato dal ciclone finanziario che si sta scatenando.
La casa automobilistica creata da Hitler è detenuta per un 20% circa dalla Bassa Sassonia, dunque lo scandalo coinvolge anche le istituzioni tedesche, le quali “non potevano non sapere”. La stessa Merkel, chiamata in causa, arrossisce e diventa paonazza tentando di svignarsela con proclami che richiamano all'ordine ed alla legalità, ma è evidente che i tedeschi, bacchettoni quando si parla di Italia o Grecia, sono stati colti col sorcio in bocca.
Immagina cosa sarebbe successo se la Volkswagen fosse stata nell'Italia degli “inaffidabili spaghettari”. Probabilmente la nostra economia avrebbe subito un tracollo dal quale difficilmente ci saremo risollevati. Saremo stati derisi, bacchettati, insultati e avremo dovuto subire il solito auto- lesionismo all'italiana che vede sempre più verde il giardino degli altri.
Ad ogni modo, la verità potrebbe essere un altra. Le smargiassate dell'ex Ad potrebbero non essere piaciute a qualcuno, o più probabilmente hanno solo accelerato lo scoppio delle ostilità. Così, la notizia che voleva le auto del gruppo tedesco maggiormente inquinanti, è stata data in pasto alla stampa mondiale solo per motivi di geo-economia e relative battaglie per lo strapotere economico. Questo è quanto se ne deduce a leggere un editoriale di Quattro Ruote. Il quale pubblica le prove su circa 160 modelli trasversalmente appartenenti a diversi marchi, confermando che le emissioni inquinanti maggiori dei limiti previsti accomunano quasi tutte le case automobilistiche.
Cosi, come nel caso della Jetta e della Passat interessate dai test degli inquisitori americani, quando le auto vengono collaudate sui rulli rispondono perfettamente ai parametri imposti, mentre su strada, con tutte le variabili che questo comporta, le emissioni aumentano.
Ecco dunque che il sistema o trucco Volkswagen in realtà è la classica scoperta dell'acqua calda. Niente trucco, niente inganno, ma solo una differenza, ben nota a tutti da tempo, tra emissioni prodotte al banco e quelle su strada.
Ricorda piuttosto i sistemi della mala giustizia, quella opportunista che viene utilizzata strumentalmente ed al momento utile per l'obiettivo che si persegue. Quella con cui un uomo viene accusato se pur senza troppe prove e sbattuto sulle prime pagine dei giornali. Anche quand'esso risulterà innocente, o si scoprirà che “cosi fan tutti”, resterà indelebile il marchio di infamia per quell'individuo che, comunque vada, sarà distrutto.
Nel caso specifico, potrebbero andarc