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La politica sarda si è mobilitata, in questi giorni di fuoco, per accorrere al capezzale del malato. Il malato è la Sardegna, che ha il corpo ustionato come il giovane ricoverato nell’ospedale specializzato di Sassari perché sopraffatto dalle fiamme mentre lottava con tutte le sue forze nel disperato tentativo di salvare il suo gregge. I nostri parlamentari hanno chiesto e chiedono ancora - in un momento in cui prevale, davanti alla cenere che ricopre animali, boschi e campagne - la sacrosanta solidarietà nazionale, che vuol dire, innanzitutto, chiamare in causa il Governo, accusato da chi non vuole che la Sardegna bruci, di intempestività rispetto alle emergenze venutesi a creare e di latitanza in sede di prevenzione generale degli incendi.
Nei giorni scorsi, mentre divampavano alte le fiamme che sembravano voler accerchiare anche i centri abitati - in alcuni casi abbandonati parzialmente per precauzione - disperazione e rabbia salivano con la stessa intensità. Rabbia, sì, rabbia infinita. Alle reazioni di quei drammatici momenti, si aggiungevano la paura e la condivisibile opinione, stando alle occasioni perdute, secondo cui, una volta spenti gli incendi, tutto tornerà come prima, di nuovo lontani dalla preoccupazione di quanto resti ancora da fare, cioè tanto, per evitare gli scenari da apocalisse degli ultimi giorni di fuoco. E’ arrivato il momento in cui la rabbia - quella di tutti, politici e non - deve trasformarsi, senza indugi, in determinazione e capacità “strategico-operativa” affinchè chi vuole distruggere l’ambiente e l’uomo che lo abita non abbia la meglio sulla nostra gente e sui nostri territori.
La prevenzione del fuoco non può riguardare soltanto la disponibilità di uomini e mezzi, quantunque dimostrato che di fronte all’imponenza delle fiamme l’attuale task force appare in questi momenti inadeguata nel personale e quasi disarmata rispetto alle esigenze. Pertanto, si tratta di coinvolgere, sensibilizzare e responsabilizzare tutti i cittadini, nessuno escluso, per dare spessore e concretezza al sentire comune, che è di avversione totale all’incubo dell’incendio. Il compito di un’aggregazione collettiva concreta e vincente non è sicuramente facile nonostante la rabbia diffusa di fronte alla catastrofe del fuoco. La collaborazione totale dei cittadini, in quanto guardiani del territorio della propria comunità, con le forze dell’ordine è l’elemento fondamentale da cui si deve partire. Però non basta, occorre costruire attorno alle nostre realtà quotidiane un discorso di civiltà e sicurezza là dove questi elementi sono ancora deficitari se non addirittura mancanti.
E allora, in chiave d’investimento sociale, sarà, forse, il caso finalmente di pianificare anche previsioni a lungo termine, per avere un giorno aggregati collettivi solidi e compatti perché irrobustiti dalla cultura della negazione di tutto ciò che è distruzione dell’ambiente e dell’uomo che lo abita. Se così è, non ci sono altre strade, tutto passa attraverso i banchi di scuola, intesa, insieme alla famiglia, come fucina educativa, di cultura, di riferimento etico-morale e non solo come laboratorio semplicemente nozionistico. Si inizia dai bambini per avere uomini e società giusti.
Dunque, si può discutere, in questi momenti drammatici, circa il fatto che forse sarebbe stato più opportuno investire sull’ acquisto di canadair ed elicotteri antincendio, anziché sugli F35 o in altri campi meno prioritari, però ciò non toglie che le idee bisogna chiarirle per stabilire non cosa dire, ma cosa fare non solo per spegnerli, gli incendi, ma anche e soprattutto per prevenirli. In questi momenti le accuse reciproche si sprecano, ma basterebbe semplicemente riflettere sui motivi per cui in vent’anni non si è riusciti a porre fine agli sprechi del denaro pubblico, all’evasione fiscale, alla corruzione e alle lobbies imperanti nel nostro Paese. Il colpevole? Non uno, di questo o di quello schieramento, ma un’intera classe politica coesa, al governo o all’opposizione, nel difendere lo status quo che neanche tangentopoli riuscì a smantellare. Lo zoccolo duro non crollò sotto i colpi della stagione dei processi e, dopo le condanne individuali dei politici di vario colore abbandonati a se stessi dagli