“Vivo a Roma, dove lavoro come redattrice per una web tv. Futuro e progetti sono in continua evoluzione, si modellano adattandosi ai giorni. Spero, nonostante le mie paure legate alla crisi e alla precarietà del lavoro, di continuare a fare quello che mi rende felice: raccontare il mondo in ogni forma, dalla scrittura alla fotografia. Più che progetti sono importanti le ambizioni, non bisogna mai sentirsi arrivati perché, purtroppo o per fortuna, c’è sempre qualcosa di nuovo da imparare e da raggiungere. “

Sono le parole di Elisa Piras, fresca determinazione, che ben rappresenta la positività delle nuove generazioni che sanno mettersi in gioco e competono per il proprio futuro, affinchè sia meno incerto e dubbioso. “Ho radici bittesi ma nuorese di nascita, crescita e buonuscita, ancora da riscuotere. Ho 29 anni che porto con fiera lentezza, perché si sa che dopo i “Trenta” il tempo vola e cominci a sentire che la vita “est un’istrumpa”.

Parlami dei tuoi  studi in Toscana. “Dopo il diploma classico ho deciso di trasferirmi a Pisa per gli studi universitari, dove mi sono laureata in lettere moderne. Da nuorese e amante della letteratura sarda ho discusso una tesi  sul Nonluogo nei romanzi di Salvatore Satta: un viaggio dalla sociologia di Marc Augé e James Hillman alla letteratura  sarda, ben poco satinata. Ho voluto creare una chiave di lettura alternativa dell’autore nuorese, un modo per interpretare luoghi e persone della nostra Sardegna, che pur appartenendo ad un immaginario letterario sono personaggi molto lontani da quelli dei classici racconti popolari. Contrariamente a Grazia Deledda, che aveva la capacità di trascrivere letterariamente il mito, Satta lo dissacra. Abbandona il filone folklorico, portandolo ad un livello più alto. Satta rappresenta in pieno  il mio rapporto con la Sardegna:  un legame inscindibile, di orgoglio e appartenenza incondizionati, nonostante limiti e diversità.”

Come è stato il tuo approccio con Pisa? “Pisa è stata per me una seconda casa, una città che mi ha dato tanto e dove ho potuto fare un percorso formativo e personale che mi ha soddisfatto a 360°.  Sinceramente, a parte qualche difficoltà iniziale, non ho mai avuto problemi di adattamento:  è una città piena di studenti che arrivano da ogni parte d’Italia e anche del mondo, un posto dove  è possibile avere uno scambio culturale interessante e continuo. Una madre adottiva dove ho conosciuto bellissime persone e trascorso anni felici. In concomitanza con la specialistica ho intrapreso tirocini, stage e collaborazioni in diverse redazioni che mi hanno fatto avvicinare al mondo del giornalismo e della fotografia, ambiti in cui oggi mi trovo a lavorare con entusiasmo.”

Nostalgia della Sardegna? Un giorno pensi di poterci tornare?  “La vita è un continuo atto di separazione, dalla nascita fino all’ultimo respiro. Ci allontaniamo sempre da qualcosa e qualcuno provando un sentimento di mancanza,  credo che la nostalgia sia un sentimento nobile: la spinta che ci fa intraprendere il viaggio senza dimenticarci delle nostre origini, il punto da dove siamo partiti e in cui vorremo tornare dopo mille avventure. E con questa piccola premessa posso dire che la Sardegna mi manca. Il Nostos, così come è inteso nella mitologia, appartiene a tutti anche a quelli che poi non tornano. Per adesso i miei progetti sono dall’altra parte del Tirreno, poi si vedrà.”

Come vedi l’isola e quali sono i problemi da risolvere e su cosa deve puntare per crescere ed uscire da questa situazione disastrosa. “La Sardegna di oggi è una Terra che sicuramente non è ancora valorizzata come dovrebbe, abbandonata dai giovani e bistrattata da economie turistiche che la rendono lontana agli stessi sardi. I problemi da risolvere sono tanti,