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Sabato 9 e domenica 10 novembre, a Tonara, doppio appuntamento con la 26^ Rassegna di Canti e Musiche Popolari e la 10^ Rassegna Internazionale di Cori, organizzate dal Coro Polifonico Femminile “Tonara” (associato a Federcori Sardegna) con il patrocinio del Comune, grazie al sostegno della Legge regionale 7 e con la partecipazione finanziaria del Bim Taloro, della Pro loco di Tonara e della Fondazione Sardegna.
Sarà l’occasione, ancora una volta, per vivere due intense giornate all’insegna delle tradizioni e della cultura tonarese e isolana nel nome di un grande artista del paese: Peppino Mereu, storico poeta di Tonara le cui opere hanno scritto un pezzo di storia della letteratura sarda. A 152 anni dalla nascita vogliamo celebrarne la grandezza, ripercorrendo alcune fasi della sua vita, fra pensieri, esperienze e speranze che il poeta ha condiviso nelle sue pagine.
IL POETA DEL POPOLO
Una storia, quella di Peppino Mereu, che affonda le radici proprio nella sua Tonara, dove è nato e cresciuto, in mezzo alle tradizioni e nello scorrere di una vita lenta e indaffarata al tempo stesso, tipica della Sardegna fine-ottocentesca. Lui, nato il 14 gennaio 1872, cresce in un contesto sociale delicato, che lo ispirerà poi nella realizzazione di alcune delle sue più grandi opere. Sesto di nove fratelli, si ritrova orfano ad appena 17 anni: il padre Giuseppe, medico del paese, muore fatalmente dopo aver ingerito del veleno che aveva scambiato per un liquore, nel 1889; due anni prima era scomparsa la madre Angiolina.
Il giovane decide di cambiare aria, e nel 1891 si arruola come volontario nell’Arma dei Carabinieri. Durante il suo servizio, durato cinque anni, ha modo di muoversi in giro per l’Isola, richiamato a lavorare in diversi paesi, e durante quest’esperienza il poeta prende coscienza del contesto sociale di un territorio nel quale le aspettative di vita erano falcidiate da povertà e arretratezza.
Vestendo la divisa tocca inoltre con mano l’ambiente e le ingiustizie che regnano all’interno al sistema militare, fra abusi di potere da parte di colleghi e superiori. “Deo no isco sos carabineris / in logu nostru proite bi sune / e no arrestant sos bangarrutteris”, scrive nei versi che verranno poi resi celebri dalla canzone oggi nota, scritta da Nicolò Rubanu, leader del Gruppo Rubanu Orgosolo, contestando i suoi superiori conniventi con quello stesso sistema delinquenziale che dovrebbero invece contrastare.
Queste vicende ispirano quella vocazione artistica che lo porterà a essere uno dei poeti più influenti della storia sarda. Fra sagre paesane e momenti di convivialità, si inserisce fra la gente e non di rado partecipa alle gare di poesia estemporanea. La sua penna diventa voce e sfogo del disagio sociale che si abbatte sul popolo: la condanna è allo Stato italiano, reo di aver colonizzato l’Isola sottomettendola e sfruttandone le risorse.
GLI ANNI DELLA MALATTIA
Cagionevole di salute, al quinto anno di servizio il poeta viene congedato dal servizio militare il 6 dicembre 1895, dopo aver trascorso diversi periodi in ospedale fra Sassari e Cagliari. Quindi fa ritorno a Tonara dove per un breve periodo convive col fratello Manfredi, prima che una serie di screzi e incomprensioni li separi. E’ in questo periodo che Peppino dà sfogo alla sua vena artistica, vivendo con l’aiuto di altre persone svolgendo e mansioni di ogni genere: canta ai matrimoni e partecipa a gare di poesia, viene cercato per le serenate e anche per fare lo scrivano al servizio di clienti occasionali.
La sua attività poetica cresce al pari della malattia, e la malinconia di questa sua condizione si riversa sulle pagine scritte dal poeta, consapevole dell’ineluttabilità del destino. Nonostante i suoi versi, mai banali e spesso e volentieri dedicati a critiche sociali, creino attorno a lui una condizione di isolamento socioculturale rispetto ad alcuni rami della società, Peppino continua a riscuotere consensi e simpatia fra la gente comune, che nelle parole dell’artista tonarese trova giustizia e sincerità.
Negli ultimi mesi della sua vita lo affligge un senso di avvilimento per la sensazione costante di morte imminente. Così dà ancora sfogo alla penna, lasciando trasparire un forte sentimento di amore per la vita, una volontà di lotta per un miglioramento della condizione umana, che contrasta con quella società così povera di aspettative, sfiduciata e abbandonata a sé stessa. La sua morte avviene l’11 marzo 1901, a soli 29 anni, forse per diabete.
AMORI E AMICIZIE
Nonostante la morte in giovane età, la vita di Mereu è stata intensa e ricca di avvenimenti. Fin da ragazzino frequentò alcuni dei poeti più noti a Tonara: Bachis Sulis, Lorenzo Zucca, Agostino Deiana e Francesco Cappeddu. Da questi apprese l’arte del poetare e diede sfogo alla sua visione del mondo e della Sardegna.
Una grande amicizia lo legò a Nanni Sulis, medico condotto di Tonara, a cui dedicò anche “Nanneddu Meu” nei versi scritti in forma di epistolario che intitolò “A Nanni Sulis”. È un canto di protesta in cui, in forma di lettera ad un amico, Mereu denuncia lo stato di miseria e oppressione in cui versavano gli strati sociali più bassi verso la fine dell'Ottocento nell’Isola. In Sulis, il poeta tonarese trovò un amico fedele, che rimase al suo fianco fino agli ultimi istanti, e al quale si devono alcune delle più importanti notizie biografiche riguardanti Peppino Mereu.
In vita Mereu intrattenne, secondo quanto ricostruito dagli studi biografici, anche diverse relazioni amorose. Di una. in particolare, si ha testimonianza: si tratta di Maria Domenica Dore, di Florinas, della cui storia col poeta parla il figlio di lei, R. Manconi, nel suo libro “Vecchia Florinas”.
COSA RESTA
Oggi quello di Peppino Mereu non è soltanto un ricordo, ma una traccia profonda e ben salda nella cultura tonarese e isolana. Una via e una scuola, nel suo paese, sono state dedicate al poeta, e in passato una cooperativa tessile molto importante, che si chiamava “Galusè”, nome di una delle più celebri poesie di Mereu. Dovrà nascere inoltre, nella Casa Pulix – la casa del segretario comunale alla cui figlia fu dedicata proprio “Galusè” – un museo multimediale dedicato a Peppino Mereu. E, infine, il film recentemente prodotto dalla Pro loco.
Del poeta traccia un fedele e accurato ritratto proprio il presidente dell’associazione: “Mereu è il poeta per antonomasia – afferma La Croce –, il poeta cantore dei poveri, quello della poesia ballabile e cantabile, dei ritmi de ‘Su dillu’ e di ‘Nanneddu meu’. Scrivere come scriveva Peppino Mereu è un’ambizione che hanno tutti. La sua opera è talmente importante che a cura del professor Tore, di Gianfranco Porcu e di altri autori come anche il sottoscritto, alcuni anni fa è uscita l’opera omnia che finalmente restituiva dignità a tutte le pubblicazioni in ordine sparso. Lì erano emerse tutte le novità che negli anni erano state messe in luce da altri autori. Per esempio, il suo rapporto particolare col figlio di Sebastiano Dessanai, Pascale, poeta di Nuoro, di quelli del gruppo de ‘Su Connottu’, col quale intrattiene un rapporto di amicizia e di poesia”.
“Questo – precisa il presidente della Pro loco – per dire che Mereu non era infarcito di vaghe idee di socialismo, ma che anzi, probabilmente, si avvicina a questi grandi oratori socialisti, quando da carabiniere lo mandano in servizio d’ordine ai comizi dove si invaghisce di queste idee di eguaglianza e libertà. Un’altra cosa che viene messa in luce è che Mereu non era avulso dalla realtà, e che le poesie duplicate come inedite nel 1978 in realtà erano apparse già sulle riviste letterarie di fine secolo, quando a Cagliari è introdotto in ambiente letterari colti. Insomma, è un autore che era al passo coi tempi e che poi è diventato un precursore. La sua attualità traspare da versi, temi e argomenti che affronta nelle poesie: sono tutte le contraddizioni di un giovane che potrebbe essere lo stesso di oggi”.