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“…vorrei scrivere un sacco di cose cattive su queste persone ma mi limiterò a dirvi che vi pubblicizzerò malissimo e che remerò contro di voi”.
Con questa frase si chiude la missiva che il cabarettista milanese ha lanciato contro i giovani del comitato di Fonni, che in occasione della Festa dei Martiri lo hanno “scritturato” per una delle sue performance.
Le sue parole, questa volta, non ci fanno ridere.
Questa terra, che poggia su rocce “arroventate dalla fiamma millenaria di un sole implacabile, che cuocendo quelle vertebre di sasso ne distilla l’essenza antica e più segreta”, non tollera più la mancanza di rispetto.
Non permettiamo più a nessuno di “sporcare” il suolo su cui camminiamo e tanto meno di sputare nel piatto in cui abbiamo dato da mangiare.
L’offesa non emerge tanto dalle parole scritte, quanto dal disprezzo che le accompagna.
I giovani di Fonni si sono rimboccati le maniche e hanno lavorato tanto per marcare, nei sentieri della tradizione, un appuntamento che si rinnova da sempre.
Lo hanno fatto altri prima di loro e come continueranno a farlo quelli che verranno.
I giovani di Fonni si sono impegnati per un anno intero a raccogliere quei soldi che hanno consentito alla sua vanità di esplodere e al suo talento di manifestarsi.
Il tono di superiorità con il quale ci mortifica non le danno una patente di verità.
L’isola per noi è un valore aggiunto e non ci esclude da quel resto del mondo che ogni tanto prova, attraverso figuranti come lei, a confinarci in un retaggio superato da tempo.
Sappiamo guardare oltre il mare che ci protegge e le nostre idee hanno contribuito a muovere tanta di quella storia di cui anche lei è figlio.
Siamo aperti alla comunicazione e all’accoglienza, anche se è forte e radicato il noi il sentimento di un’appartenenza che ci “trattiene” anche quando siamo lontani.
Abbiamo tante difficoltà. Ci sono migliaia di persone che non hanno un lavoro, ci sono migliaia di famiglie che faticano a resistere.
La dignità è un valore che l’assenza di lavoro assale, ma che non può essere calpestato.
Abbiamo lottato contro i pregiudizi di chi ci ha voluto “bollare” come banditi, dimenticando che negli anni Cinquanta, bui e incriminati da una certa stampa, “il numero dei malfattori di tutta la Sardegna non raggiungeva il numero di quelli della sola Milano”.
Lo scrisse Alfonso Gatto, un grande poeta, che in un articolo dell’epoca apparso su un giornale milanese, smentiva con la statistica una leggenda che ci dipingeva per quel che non siamo stati.
Non ci piace porgere l’altra guancia, se qualcuno ci tira uno schiaffo, ma questo non ci rende “unici”.
Nessuna macchina è mai saltata in aria, se un saltimbanco è venuto meno al proprio dovere, ma certe parole ci arrivano non meno violente di un attentato.
Chieda scusa ai giovani di Fonni e a quei sardi a cui ha tolto il piacere di ricordarla. Lo faccia.
Prenda, come esempio, quella frase che una volta Charlie Chaplin ebbe a dire:
“Non aver mai paura di uno scontro. Anche quando i pianeti collidono, dal caos nasce un