Postare un commento offensivo corredato dalla foto della vittima sulla bacheca di facebook della persona offesa integra il reato di diffamazione aggravata.

Lo ha sancito la Cassazione con la sentenza n. 8328/16, pubblicata il 1° marzo. La Suprema Corte si confronta con l’utilizzo illecito e smodato dei cosiddetti social network, e sottolinea la diffusività delle affermazioni che compaiono su tali siti.

Proprio in ragione del fatto che i commenti che compaiono su tali social network hanno una diffusione capillare e potenzialmente illimitata, i giudici della quinta sezione hanno ritenuto che le offese espresse in tal modo debbano ritenersi aggravate.

Per questo, il ricorso di un imputato è stato respinto in sede di legittimità che conferma la condanna di 1.500 euro di multa per aver offeso la reputazione di un soggetto sulla nota piattaforma di Facebook.

Nell'ambito di un dibattito sul social media, l'imputato si lasciava andare a commenti pesanti sulla vittima additandolo come «parassita del sistema clientelare», con tanto di foto a corredo del post.

Alcuni dei messaggi avevano travalicato i limiti del diritto di critica, per sfociare in vere e proprie offese. Per la Cassazione non c'è alcun dubbio: in questi casi l'imputato va condannato per diffamazione per aver usato come cassa di risonanza il noto strumento di socializzazione e condivisione.

La quinta sezione ricorda a questo proposito che anche la diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l'uso di una bacheca Facebook integra «un'ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell'articolo 595, comma terzo, c.p.  La diffusione di un messaggio con tali modalità ha, infatti, potenzialmente la capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone, sia perché, per comune esperienza, bacheche di tal natura racchiudono un numero apprezzabile di persone, sia perché l'utilizzo di facebook integra una delle modalità attraverso le quali gruppi di soggetti socializzano le rispettive esperienze di vita, valorizzando in primo luogo il rapporto interpersonale, che, proprio per il mezzo utilizzato, assume il profilo del rapporto interpersonale allargato ad un gruppo indeterminato di aderenti al fine di una costante socializzazione».

Pertanto, chi posta un commento sulla bacheca facebook realizza la «pubblicizzazione e la diffusione di esso, per la idoneità del mezzo utilizzato a determinare la circolazione del commento tra un gruppo di persone, comunque, apprezzabile per composizione numerica, di guisa che, se offensivo tale commento, la relativa condotta rientra nella tipizzazione codicistica descritta dall'articolo 595 c.p.».

Alla luce di questa ulteriore sentenza, attenzione a dare libero sfogo ai pensieri, commenta Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” , soprattutto su un social network, poichè si rischia una condanna penale anche in termini di ristoro dei gravi pregiudizi subiti in conseguenza di condotte antigiuridiche, quali come il reato di diffamazione aggravata.