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Intanto, la determinazione di Renzi fa venire allo scoperto (vedasi la dichiarazione del presidente del Senato) le posizioni di coloro che al presidente del Consiglio avevano dedicato il vecchio adagio “Canta che ti passa”
Sono giorni, nel nostro Paese, in cui fervono i preparativi per la celebrazione del funerale del bicameralismo perfetto, ovvero la riforma del Senato della Repubblica. Intanto, però, il morto non c’è ancora, anche perché il caso è quello di chi per metà, l’altra è la Camera dei deputati, dovrebbe decidere la propria scomparsa. Insomma, starebbe andando in scena un’induzione al suicidio di massa dei senatori attuali e di tutti i futuri aspiranti tali. Responsabile di questo “reato” è solo uno, il segretario e presidente del Consiglio Matteo Renzi, detto il rottamatore. Lui dice di parlare a nome degli italiani, ma non tutti lo sentono, sia tra le vittime designate, ovviamente, sia tra coloro (potentati economici, finanziari, corporazioni, ecc.) che anche se non coinvolti direttamente, temono che i cambiamenti dello status quo possano minare più che la democrazia le loro rendite presenti o future.
Insomma, il bicameralismo è talmente perfetto che nessuno della vecchia nomenklatura è disposto a cambiarlo, né tantomeno ad ammettere che il parlamento italiano è fortemente colpito dal tarlo della partitocrazia che ne svuota i poteri. Ci riuscirà nel suo intento Renzi, il temuto rottamatore? Consapevole delle difficoltà che in questi momenti convulsi sta toccando con mano, l’interessato dice che se non passeranno le sue riforme lascerà la politica.
In un Paese normale, le intenzioni “estreme” di Renzi non interesserebbero a nessuno, ma, in un’Italia così (mal) ridotta, un fallimento delle proposte del presidente del Consiglio desterebbero molte preoccupazioni. Due soprattutto. Il possibile ritorno a una politica stantia che ha portato alla crisi economico-finanziaria e occupazionale del Paese, oppure l’escalation del Movimento 5 Stelle destinato ad accogliere le istanze di cambiamento (che sono voti) eventualmente non riuscite a Renzi, rispetto alle quali il deus ex machina Beppe Grillo si mostra strategicamente contrario perché sono poca cosa rispetto al suo modo di intendere la rivoluzione in un’Italia sempre più sfinita dalla pochezza dei suoi politici. In entrambi i casi, il futuro continuerebbe ad essere rispettivamente di colori foschi da una parte e poco chiaro e incerto dall’altra.