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Se ieri pomeriggio, al momento di leggere i nomi dei nuovi ministri, il neopremier Enrico Letta avesse iniziato con quello di Idem, ci sarebbe stato da preoccuparsi per un ritorno ai vetusti costumi. Invece no, a dispetto di un cognome, quello della ministra per le pari opportunità, che semmai corrisponde a una parola antica, ma sempre viva, di vecchio nel nuovo governo non c’è praticamente nulla.
Niente ex, premier o ministri (a parte qualcuno), oppure nomi usurati che pure fino all’ultimo facevano capolino nelle previsioni del toto-ministri. Ebbene, quello che ha prestato giuramento stamattina nelle mani del capo dello Stato è il governo delle novità e anche delle sorprese. Ai nomi nuovi, di cui alcuni neofiti della politica, si aggiungono, infatti, una parziale ma importante svolta anagrafica (età media 53 anni) e una significativa presenza al femminile (7 donne su 21 ministri). Insomma, un governo bello esteticamente e “politico”, come ha tenuto a precisare il presidente Napolitano.
Il merito è del presidente del Consiglio Enrico Letta, assecondato dal capo dello Stato, che ha voluto presentare agli italiani un esecutivo in cui non ci fosse nessuno degli esponenti politici protagonisti negli anni passati per le promesse replicate e mai mantenute. Ciò non vuol dire che questi ultimi siano spariti nel nulla. Non è il caso del Pdl, con Berlusconi più che mai al comando del suo partito. Così come non è il caso del Pd, dove la ricostruzione, dopo la débâcle di Bersani, farà quadrato ancora sulle figure storiche prima di rendere facile la vita a Renzi e agli altri giovani emergenti. Ciò che interessa, però, agli italiani in questo momento è il governo, di cui sono rimasti orfani per troppo tempo.
Che poi il nuovo esecutivo sia frutto di chissà quale genere di tattica, strategia, compromessi o alchimia politica, poco importa. Interessa, piuttosto, che i cittadini inizino a sentire subito gli effetti dei provvedimenti di alleggerimento fiscale e di investimento nel lavoro, tali da allentare la corda stretta finora attorno al loro collo dalle politiche scellerate di una classe politica chiusa in se stessa e che soltanto ora sembra dare segni di ritardato ravvedimento. Altri interventi egualmente decisivi sono quelli che si riflettono direttamente e con immediatezza sulla condizione di vita, oggi ridotta a una realtà drammatica, di tante, troppe famiglie italiane e di giovani, 3 su 5, che non hanno lavoro. In preoccupante allarme c’è anche il ceto medio, coinvolto anch’esso nella spirale di una disoccupazione dilagante.
Le cose che il governo Letta dovrà fare sono note, e non da ora. Per fronteggiare le emergenze sarà necessario operare con i tagli alle spese superflue della pubblica amministrazione, un maggiore equilibrio degli stipendi pubblici rispetto al grado di responsabilità dei dipendenti, la revisione degli organi o istituti a rappresentanza politica, l’abolizione del finanziamento dei partiti e altro ancora. Senza dimenticare i temi dell’evasione fiscale e della corruzione, malattie devastanti della società che determinano un ulteriore e inaccettabile impoverimento dei cittadini onesti.
Riuscirà il nuovo governo a fare tutto questo, bene e con immediatezza? Sembra che le premesse ci siano, stando al modo con cui si è intervenuti per restaurare il palazzo della politica. Al di là della facciata multicolore e delle definizioni che al momento, considerata la drammatica crisi in cui versa il Paese, poco interessano ai cittadini, fondamentale è che quello appena nato sia un governo di responsabilità, requisito che è mancato finora.