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Che le barriere linguistiche non fermino l’amore per le tradizioni e arti popolari è cosa nota, ovunque esse si trovino. Ciò vale per chi ascolta e chi fa musica. Dunque, per pubblico e artisti, che non vedono ostacoli di nessun tipo, e neanche sacrifici, pur di essere presenti agli appuntamenti internazionali, che richiamano e ammaliano tanti appassionati dei Paesi più diversi.
Se poi succede di capitare in località in cui si ha la fortuna, tutt’altro che rara, di sentirsi addirittura di casa, meglio ancora, anzi, è il massimo, ciò che tutti si augurano, poiché un segnale di bella convivenza tra popoli.
Ed è proprio quanto accaduto la settimana scorsa ai suonatori dell’Associazione Culturale “Cuncordia a Launeddas”, per la quinta volta ospiti del “22 Festival Internazionale del Bagpipe” di Strakonice, nella Repubblica Ceca.
Ebbene, in questo capoluogo di distretto della Boemia meridionale di circa 20.000 abitanti - sorta nella seconda metà del XII secolo, a circa 100 km da Praga e splendidamente divisa dalle sinuose acque del fiume Otava - il gruppo degli otto suonatori di launeddas ha riassaporato nei giorni del festival il gusto di vivere in una località in cui le tradizioni e le arti popolari si fondono in una generale sensazione totale appagamento tra vecchie e nuove amicizie, tra confronti e stimoli di culture diverse.
Strakonice è una città ordinata, di gente sobria e laboriosa, dai tratti sereni e solari in cui è facile ritrovarsi e capirsi, nonostante una lingua diversa, così come accade tra uomini nei cui occhi si legge quell’aria di libertà e di senso civico unita alla consapevolezza di averla faticosamente raggiunta, così com’è capitato anche al nobile e fiero popolo ceco.
Il festival internazionale delle cornamuse esalta le arti e le tradizioni popolari di Strakonice e dei centri dell’omonimo distretto, dove sin da piccoli s’inizia a suonare il diffusissimo strumento. È l’occasione in cui canti, balli e prodotti tipici animano in modo inverosimile la città e, in particolare, rendono, se possibile, ancora più vivi e interessanti il Castello e tutto il centro storico della città, già di per sé ricchi di fascino e di storia.
In una terra, dunque, neppure troppo lontana, e comunque molto meno di quanto si è abituati a pensare, dove soprattutto il mondo giovanile è così vicino ad altre culture con una ricerca costante di confronto, le launeddas si sono presentate ancora una volta con l’ambizione di diffondere ulteriormente il loro verbo, che è musica, storia e tradizione, nell’ansia costante, anch’esse, di comunicare e di ascoltare gli altri.
Ebbene, anche a Strakonice, la missione del nostro ancestrale strumento è stata portata a termine con lo spirito di fratellanza di sempre, che poi è l’anima di quel suono leggendario e inconfondibile che conquista e comunica passioni e sentimenti di un popolo, il nostro popolo di Sardegna.
Risuonano ancora, soprattutto nelle orecchie degli otto interpreti che hanno dato fiato e fatto vibrare le note di fiorassiu e punti d’organo, gli applausi e gli apprezzamenti ricevuti durante i concerti. Oppure, nel corso di una sfilata di mille colori, seguita da due ali di folla in festa sotto un cielo terso e lo sguardo, muto quanto discreto e anch’esso interessato, delle verdi e dolci colline su cui altrettanto dolcemente si adagia l’accogliente e ospitale città di Strakonice.
“La mia impressione è di un festival molto bello, all’altezza della sua fama”, ha commentato Ignazio Zucca, dei Cuncordia a Launeddas, “con suonatori di livello con cui è anche piacevole avere scambi culturali e ameni”.
“Noi dell’organizzazione siamo davvero felici, un festiva