Maria Elena per ora ce l'ha fatta, la mozione di sfiducia è stata respinta da una Camera azzoppata dall'uscita degli azzurri e dei verdi della Lega. Ma i dubbi restano. Non possono essere sopiti solo perché il Ministro dice di voler bene al padre, che per lei è una brava persona. E neppure perché lei è la prima laureata in famiglia. Ancor meno i dubbi svaniscono a seguito dell'invidia degli avversari, che a suo dire, galoppa perché lei è giovane, bella, intelligente, intrigante, rampante e via di questo passo. Ancora più grossi permangono quando la ministra, con fare arrogante, risponde agli avversari che la sfiducia è una questione di numeri e che la sfida avverrà in aula. Non potrebbe essere altrimenti, visto che nessun urna elettorale ha mai sfornato il suo nome. 

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Ma in una repubblica delle banane è normale che un Lupi si dimetta per un Rolex ricevuto dal figlio, mentre Maria Elena non lo fa neppure per una banca affondata dal padre. Un affondamento che ha mietuto migliaia di vittime inconsapevoli, gente che non ha dimestichezza ne con intrighi di palazzo, ma neppure con clausole relative al Capital Gain.<o:p></o:p>

E' anche normale che la altrettanto giovane bella e ministro Mara Carfagna sia stata considerata solo una velina un po' stupida perché nominata da Berlusconi. La Boschi invece, forse anche più bella,  ma nominata da Renzi è dunque matematicamente intelligente, culturalmente preparata, pulita, illibata e cosi via.   

Di Battista (5 Stelle) dice che il conflitto di interessi è grande come una Banca. Sarà cosi? Certo è che papà Boschi è divenuto vice presidente un mese dopo che la figlia è stata nominata ministro, il fratello Boschi è un dirigente di primo livello da quando la sorella siede sui banchi di Palazzo Chigi. Dunque una persona di media intelligenza, e soprattutto media malizia, penserebbe ad un legame a doppio filo tra figlia-ministro e padre/fratello-dirigenti, di una banca che spesso è emersa per mega elargizioni un po' troppo facili.

Escludendo il grado di malizia soggettiva presente nell'animo umano, è soprattutto la storia recente o passata a renderci tutti un po' “andreottiani”. Come sosteneva quella volpe di Giulio, “a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca”.  Gli attuali dubbi ricordano infatti la recente vicenda del Monte Dei Paschi, che casualmente, o forse no, non dista tantissimo in termini di chilometri dal territorio della Etruria. Anche li ci furono suicidi, indagini, salvataggi, ma soprattutto veniva a galla un sistema di corpose elargizioni mascherate da prestiti a società o soggetti vari indicati dal partito di riferimento. La fondazione del Monte anche allora era sostenuta dai vertici della politica del calibro di D'Alema, Giuliano Amato e Franco Bassanini, i quali ci piazzarono il fedele Mussari. La banca senese accumulò derivati per 11 miliardi e ben 17 miliardi di crediti a rischio.

Altro secolo altro scandalo. Era il 1892 quando scoppiò lo scandalo della Banca Romana che coinvolse personaggi come Crispi e Giolitti, ma anche Re Umberto di Savoia. Accusato quest'ultimo di attingere fondi dall'istituto per sfamare la pletora di amanti con cui soleva sollazzarsi nelle pause dal protocollo. Anche in quel caso però di politici arrestati non se ne vide neppure l'ombra. Chi finì in carcere e definito ignobile ladro fu il povero governatore Tanlongo, il quale a mala pena riusci ad intascare la misera cifra corrispondente agli attuali 16.000 euro. Colui il quale ottenne il malloppo più grande fu