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La lotta armata delle Brigate Rosse è stata sconfitta: potrà un giorno finire anche il terrorismo internazionale? «Mai abbassare la guardia, il mondo dell’eversione è sempre in agguato» avvisa don Salvatore Bussu, storico cappellano del carcere sardo di Badu ‘e Carros, Nuoro, la temutissima “Cajenna delle Br”.
È lì che si consuma il dramma interiore di questo prete scomodo che ha saputo osare e rompere il muro del silenzio difendendo apertamente i terroristi rossi rinchiusi nel carcere di massima sicurezza in sciopero della fame perché sottoposti a un regime “inutilmente brutale”.
«Se da una parte c’è stato un terrorismo delle Brigate Rosse, dall’altra c’è purtroppo un terrorismo di Stato» denunciò don Bussu nel 1983. Mentre Giovanni Paolo II entrava a Rebibbia, per incontrare Ali Agca, il terrorista turco che l’aveva quasi ucciso in piazza San Pietro, il cappellano del supercarcere barbaricino si era autosospeso dal mandato sacerdotale pronunciando quella frase tanto celebre quanto discussa.
Un gesto esplosivo, il suo, che portò nel giro di pochi anni alla riforma del sistema penitenziario italiano con l’approvazione della Legge Gozzini. Una vicenda ricostruita e approfondita in questo libro di Luciano Piras, “I terroristi sono miei fratelli”, un reportage di anni difficili che continuano a ripetersi nel segno del terrore internazionale.
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