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Lo sguardo, soprattutto per quanto riguarda i giovani, va rivolto al futuro, ma i piedi devono poggiare sul passato se non si vuole correre il rischio di indebolire e alla fine di estinguere quelle certezze per lo stesso futuro guadagnate dalle generazioni dei nostri padri, che hanno pagato anche col sacrificio estremo il prezzo della libertà e della democrazia nel nostro Paese.
La convivenza democratica in Italia non è arrivata per caso, ma ormai in molti questo lo dimenticano. E ciò è molto pericoloso. Mutuando dal titolo del libro di Massimo Coco, “Ricordare stanca”, edito da Sperling e Kupfer, oggi sembra davvero emergere un senso di stanchezza, se non anche di noia, nelle nuove generazioni, ma non solo, di fronte alle rievocazioni celebrative del nostro passato. Complici, nei passaggi verso l’oblio, anche le Istituzioni. Molte ricorrenze ed eventi rievocativi sono stati cancellati, così come latitano i ricordi, a tutti i livelli, verso i servitori dello Stato che hanno sacrificato la propria vita per tenere alti principi e valori irrinunciabili per la propria esistenza e per un intero popolo.
Massimo Coco, violinista, è figlio del magistrato Francesco Coco, nativo di Terralba, assassinato dalle Brigate Rosse a Genova l’8 giugno del 1976. I suoi ideali di libertà e giustizia gli sono costati la vita e tutti dovremmo sentirci debitori, anche se le cose non sempre vanno in questo modo, nei confronti di chi ha dato così fulgidi esempi. Della figura del padre, ne parlerà domani a Piacenza l’autore del libro, che dialogherà col professor Guido Scano, nel corso di una conferenza organizzata dal Gremio Sardo “Efisio Tola” di Piacenza.