Un grande alone di mistero avvolge la vicenda sul ritrovamento odierno di uno scheletro nella valle dell'Idice, a Bologna. A fare la macabra scoperta un addetto alla manutenzione del verde lungo il letto del fiume, nel territorio tra San Lazzaro e Ozzano.

Ancora poca chiarezza sulla vicenda, pare che le ossa fossero avvolte all'interno di un sacco, in buone condizioni di conservazione, anche se, a giudicare dalle prime ipotesi, si tratterebbe di un cadavere datato. All'interno dell'involucro nessun indizio, reperto, oggetto, come documenti o altre tracce, che potesse dare maggiori informazioni sulla provenienza dei resti.

Sul luogo sono state allertate le Forze dell'Ordine. La scena del fatto è stata battuta al setaccio e il sacco con l'intero contenuto è stato posto sotto sequestro e messo a disposizione dell'autorità giudiziaria. 

L’avvocato Gianfranco Piscitelli, presidente dell'associazione Penelope Sardegna, ha spiegato: "Le ossa sono state ritrovate avvolte in una coperta, nessuna presenza di parti molli e vestiti e documenti, i resti dovrebbero appartenere ad un uomo. Con Penelope Italia abbiamo diffuso la notizia in tutte le regioni perché non è detto che la scomparsa debba essere avvenuta esattamente nel luogo di ritrovamento. In caso di scomparse non volontarie, il luogo del decesso spesso è diverso. Un cadavere vittima di un crimine violento può essere intenzionalmente occultato anche a chilometri di distanza dal luogo dell’accadimento; basti pensare ad un camionista o una squadra di operai che investono qualcuno e non vogliono essere coinvolti perché ubriachi o drogati: prendono il cadavere e lo scaricano a chilometri di distanza; le eventuali ricerche dello scomparso risulterebbero vane nei luoghi della scomparsa. Il malcapitato nel cassone e lo getta a chilometri di distanza. Ecco perché i vari territoriali di Penelope sono sempre allertati e collegati tra loro anche per scomparse fuori zona. Sull'argomento abbiamo sentito la dott.ssa Chantal Milani nota antropologo ed odontologo forense, esperta in ricostruzione e riconoscimento cadaveri, già capitano dei R.I.S. della riserva, che collabora da anni con diverse Procure e con Penelope Italia e spesso interviene ai sopralluoghi sulla scena criminis ed agli accertamenti autoptici.

La Milani si è espressa così: "La prima cosa da fare per indentificare un cadavere è procedere alla stesura di un profilo antropologico e odontologico che permetta di determinare le caratteristiche generiche della persona da ricercare: sesso, età, statura, eccetera. Per ultima (perché distruttiva) anche la datazione o campioni per altri tipi di analisi. L'errore più grande sarebbe quello di prelevare campioni prima di aver correttamente e completamente anallizzato e documentato i resti. (Questo vale anche per un eventuale campione per il DNA). È importante considerare che l'odontologia forense ha un potere identificativo pari a quello del DNA, perchè i denti e le loro modificazioni subite da una persona quando era in vita, sono uniche per ogni individuo, in più aiuta nell'indispensabile fase preliminare di stesura di questo profilo. Ancora di più se, come parrebbe in questo caso, ci sono tracce di interventi chirurgici sui mascellari. L'importante è che l'accertamento venga eseguito da un odontologo forense esperto in un settore così specifico come l'identificazione personale. Qualora non emergesse in breve tempo nessun sospetto di identità sul territorio, sempre sulla base del profilo antropologico, può essere eseguita anche una ricostruzione 3D del volto a partire dal cranio, che, pur senza la pretesa di essere una fotografia, se diffusa attraverso i media, può innescare un riconoscimento e segnalazione da parte di qualche osservatore cui possono seguire le doverose comparazioni identificative. Oggi ci sono metodi 3D in computer grafica molto efficaci".