Il più noto episodio della storia, definito “il sacco di Roma”, risale al 1527 ad opera delle truppe dei Lanzichenecchi al soldo di Carlo V. Ma non fu l'unico. Nel 410 furono i Visigoti di Alarico I ad assaltare l'impero e la sua capitale, saccheggiandola nell'atto finale della battaglia. Nel 390 le truppe romane subirono una pesante sconfitta ad opera dei Galli. I quali, penetrati dalle porte lasciate aperte nella trafelata fuga dai superstiti, misero a ferro e fuoco la città soffocando barbaramente i senatori nella loro stessa porpora rossa.

L'ultimo saccheggio in ordine di tempo invece, è notizia di questi giorni, anche se parrebbe protrarsi da lungo tempo. Profuma più di maramaldi trafficoni che di prodi cavalieri intenti a nobile tenzone o guerra di conquista. Trafficoni nati sotto una falsa luce di idealismo politico, che li portava ad essere spesso ospiti delle nostre patrie galere.

Secondo Libero-Quotidiano, i quattro amici coinvolti nell'inchiesta chiamata “Mafia Capitale”, tuttora in corso: Carminati, Buzzi, Alemanno e Munno, oltre un tal Dimitri morto nel 2001 (anch'egli esponente dei NAR e perno nell'amicizia della cricca), anziché al bar si sono conosciuti in cella nel 1982 e da li avrebbero cominciato a programmare un roseo futuro alle spalle di chi soffre  e si sobbarca viaggi della speranza pur di sfuggire ad una triste esistenza in patria.

Massimo Carminati già all'epoca era conosciuto come il Re di Roma e dispensando favori a destra come a sinistra, secondo la procura, arraffava appalti da entrambe le barricate. Usciti dall'elegante ostello di Rebibbia, Buzzi entrò nell'odierno PD, mentre di Alemanno sappiamo tutti come è andata a finire. Tra ministeri e Campidoglio pare abbia potuto tener fede ad un probabile patto stipulato tra quelle fredde quattro mura.

Insomma, per Re Carminati che al potere ci fosse la destra o la sinistra poco cambiava, l'importante era arraffare, saccheggiare, mangiare a sbafo.

La storia che riemerge dunque anche in età moderna e non manca di riproporre film già visti. Anche per il sacco di Roma non fa eccezione: moderni Lanzichenecchi inviati da Angela d'Asburgo assieme ai cinici investitori internazionali che hanno fatto dell'Italia un bottino da assalire impuniti sono, insieme alla banda bassotti di nonno Carminati, tutti fatti della stessa pasta. Una pasta talmente dura che non si cura delle disgrazie altrui, ma anzi le usa in modo tanto proficuo che neppure zio Paperone con la sua avidità avrebbe saputo fare di meglio. Il riccastro di Paperopoli infatti è taccagno, ma non vigliacco.

La vigliaccheria appunto, è ciò che distingue dagli antichi prodi cavalieri e dalla loro lealtà nel contendere, questa masnada di briganti e altre frange della nostra società. La quale è infestata da odiosi parassiti che succhiano indisturbati dalle disgrazie che via via si presentano alla porta. E più se ne presentano, più quelli succhiano. Oltre ai disperati che cercano una terra promessa, pensiamo ai rifiuti da smaltire o le città da ricostruire dopo i terremoti. Pensiamo alle avversità di quei genitori indigenti che si vedono portar via i figli per affidarli alle “cure” (si fa per dire..) di un centro di accoglienza, per la modica cifra di 200 euro al giorno. (Ci chiediamo se non sarebbe stato più semplice darne 30 a mamma e papà...) 

Per finire in bellezza, aggiungerei un tocco di vigliaccheria proveniente dall'informazione. Quando questa salta il fossato e finisce per penetrare troppo in profondità nella vita delle persone che si sono rese protagoniste, in un modo o nell'altro, di cruenti episodi familiari. Quel giornalismo che anziché limitarsi a informare il pubblico sui meri fatti, accende i riflettori sul teatro della disgrazia, trasformando gli inconsapevoli disgraziati in attori da sceneggiata. Macabri palcoscenici da sfruttare per tenere attaccati agli schermi milioni di curiosi spettatori, attratti dalle chiacchiere di giornalisti dalla facile morale salottiera, o ex generali, filosofi, criminologi, psicologi, e chi pi&