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Bologna, convegno "Mille per L'Emilia Romagna". Nella foto Gianfranco Fini Bologna, 17 nov 2012
Come si usa dire nel linguaggio politichese, alle ultime elezioni politiche il leader di futuro e libertà è stato “trombato”. Considerando la ormai nota coerenza dell'ex onorevole parrebbe davvero un mistero. Rivisitando i suoi trascorsi potremo forse diradare le nebbie che avvolgono questa immane tragedia?
Nonno comunista e madre fascista, entrambi convinti, Gianfranco Fini nasce a Bologna 61 anni or sono, evidentemente già con le idee confuse sul dar farsi. Il nome che porta fu di un cugino ammazzato dai partigiani mentre il padre Argenio, dopo aver combattuto con la Repubblica Sociale, già all'indomani del 25 aprile del '45 compì una piccola metamorfosi iscrivendosi al PSDI. Scelta umanamente comprensibile per i tempi, visto il pericolo che, sopratutto nel triangolo rosso d'Italia, si correva se non si era d'accordo con gli sgherri del “migliore”. Arrivato alla terza liceo, il giovane Gianfranco decise di andare al cinema a vedere “Berretti verdi” di Jonh Waine, il suo eroe.
Una banda di gappisti, ubriachi di idee rivoluzionarie, assaltarono il cinema. Reo di proiettare un film inneggiante all'America. Fu li che ci trovarono anche il figlio di Argenio che riempirono di sputi e calci. Furibondo per non aver potuto vedere il film, Gianfranco per vendetta, decise di fare sue le idee Mussoliniane. Le quali ha poi progressivamente annacquato con un po' di Fiuggi, o altro a seconda delle esigenze. Ovviamente anche Argenio sceso in campo il figliol prodigo, per amor di padre, abbandonò il PSDI iscrivendosi al MSI. Cosi che sotto il profilo della coerenza, abbiamo sgombrato il campo da eventuali dubbi sulla paternità del futuro presidente della camera.
La carriera di Gianfranco scivola poi cosi velocemente che da ombra di Almirante finisce per sostituirlo come segretario del partito. Esclusa una parentesi nella quale fu segretario Rauti, il suo più acerrimo nemico interno, Fini rimane segretario sino alla nota svolta di Fiuggi del 1995. Con la quale contestualmente alla nascita di alleanza nazionale, seppellisce il MSI. Fu in quell'occasione che pronunciò il famoso discorso: «La destra politica non è figlia del fascismo. I valori della destra preesistono al fascismo, lo hanno attraversato e ad esso sono sopravvissuti».
Bah sarà!! Eppure appena 5 anni prima, il 5 gennaio 1990 in un intervista dice: «Nessuno può chiederci abiure della nostra matrice fascista» mentre nel 1989 afferma: “Credo ancora nel fascismo, sì, ci credo”. E solo l'anno prima della storica svolta dichiara: «Mussolini è stato il più grande statista del secolo... Ci sono fasi in cui la libertà non è tra i valori preminenti». Si si, proprio idee marmoree anche considerando un'altra affermazione pronunciata nel discorso di Fiuggi: «È giusto chiedere alla destra italiana di affermare senza reticenza che l'antifascismo fu un momento storicamente essenziale per il ritorno dei valori democratici che il fascismo aveva umiliato. » Il clou arriva nel 2003 quando in visita ufficiale in Israele afferma in un suo discorso che il fascismo fu un male assoluto. Proprio in linea con quanto affermato qualche anno prima quando disse: «Se Mussolini vivesse oggi, garantirebbe la libertà degli italiani».
Proprio un tipo sopraffino questo Fini; uno che appena le dai ragione, per spirito battagliero cambia subito opinione perché altrimenti non c'è più nulla da battagliare. Cosi è stato in occasione della scorsa legislatura dove con la maggioranza in mano alla sua area politica, le dev'essere sembrato tutto troppo semplice e quindi non più di suo gusto. Pur con la “millechiodi” sullo scranno più alto di Montecitorio è riuscito ad evitare quelle riforme che tutti aspettavano. Tutti ma non lui che come sappiamo è