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Il vino e la Sardegna: un connubio che fonda le sue radici in un passato che si perde nella notte dei tempi. Già dal 3000 avanti Cristo, secondo gli ultimi studi di archeobotanica, emerge un importante ruolo svolto dai nuragici nella domesticazione della vite selvatica.
Tra i vitigni maggiormente coltivati nell’Isola si annoverano il cannonau e il vermentino, ma anche carignano, monica, cagnulari, torbato, semidano, malvasia, nasco, moscato e vernaccia. Tra le terre e le produzioni d’eccellenza non si può non parlare di Atzara, nel Mandrolisai, e di un vino che fa parlare di sé in tutto il mondo.
Questa puntata di Sardegna d’Amare, tra i percorsi enogastronomici di una Terra che non smette mai di stupire, è dedicata proprio al vino, nettare degli Dei.
Un evento fondamentale per la viticoltura della Sardegna - e per l'agricoltura - fu rappresentato dalla promulgazione della Carta de Logu.
Fu infatti nel 1392 che Eleonora di Arborea - continuando il lavoro del padre Mariano IV - promulgò questo fondamentale documento che regolò la viticoltura e l'agricoltura fino al 1827.
La Carta de Logu aveva fra i suoi obiettivi, quello di incrementare, tutelare e incentivare la coltivazione della vite e la produzione di vino. Addirittura, erano previste pesanti multe e pene corporali per coloro che non ottemperavano alle leggi della Carta de Logu, fino anche a prevedere il taglio della mano a chiunque incendiava vigneti o li spiantava furtivamente.