Il cane è un essere speciale e questo lo sappiamo tutti, ma ciò che molti di noi non sanno è che anche il nostro inseparabile amico a quattro zampe, qualche volta, ha bisogno dello psicologo….quello canino. La sua mente è complessa, almeno quanto la nostra, e la psicologia canina ci aiuta a comprendere il comportamento del nostro cucciolo per imparare a comunicare con lui in modo corretto.  A Roma nel 2012 è nato il primo centro di psicologia canina per l’addestramento dei cani, si tratta di un’associazione di esperti cinofili con esperienza ventennale nell’educazione e nell’addestramento dei cani.

Il presidente dell’associazione Marco de Paola ci svela le curiosità legate alla mente del nostro amico peloso.

Ciao Marco e grazie per aver accettato di farci conoscere meglio il nostro amico a quattro zampe

“Grazie a voi per esservi interessati al mio particolarissimo modo di vedere il mondo del cane”

Come ti definiresti? Addestratore, educatore o come?

“Non mi piacciono le definizioni in linea generale, tanto meno essere chiamato addestratore perché non addestro i cani a fare niente. Non mi piace neanche essere definito educatore. Tutte definizioni che appartengono a una cinofilia di marketing. Diciamo che se proprio dovessi scegliere, opterei per “uomo di cani” perché li osservo e, attraverso i loro comportamenti, mi faccio un’idea di quale sia il loro “problema” e li aiuto a ritrovare la situazione di equilibrio che hanno smarrito. In pratica li aiuto a ritrovare ciò che è stato loro tolto a causa di addestrologie e antropocentrismi. Non insegno loro come comportarsi o come reagire meccanicamente ad un determinato stimolo, ma gli fornisco gli strumenti per farlo da soli”.

Facciamo un esempio facile: cosa fai se viene da te un cane che tira al guinzaglio?

“Per ovviare a questo problema molti obbligano il cane a rispettare una certa etichetta e quindi a non tirare più al guinzaglio, io preferisco indagare perché non la rispetta naturalmente. Per farlo devo saper osservare. Ci sono cani che tirano perché hanno solo un grande bisogno di sfogarsi, altri perché hanno la necessità di fare del monitoraggio olfattivo e, altri ancora, perché hanno semplicemente una andatura superiore a quella dell’umano che si trova all’altro capo del guinzaglio. Questi sono chiaramente esempi banali, ma ci sono motivi anche più complessi. Ma è per far capire che se c’è  un problema da risolvere, si deve analizzare caso per caso e non si applica un protocollo uguale per tutti. A volte per correggere il comportamento al guinzaglio, sempre per rimanere sullo stesso esempio, si lavora su altro e magari la simulazione della camminata non la si fa neppure. Ci si allontana dal problema, si crea una situazione rilassante e poi si ritorna sul problema per affrontarlo rilassati”.

Quali sono le emozioni che provi maggiormente nel tuo lavoro?

“Le emozioni che provo sono varie e dipendono molto dallo stato di benessere in cui trovo il cane. È chiaro che nel momento in cui un proprietario si rivolge a me avrà sicuramente necessità di aiuto. Io però mi focalizzo molto sul cane e cerco di risolvere il problema dal suo punto di vista. Il proprietario potrà gioire per una proprietà transitiva, ossia se sta bene il cane sta bene anche lui. Quando intervengo per qualsiasi anomalia del comportamento, immagino sempre di avere davanti un animale unico a sei zampe. Cane e umano uniti”.

Come si svolge una seduta?  

“Dipende dalle problematiche che ho riscontrato nell’incontro conoscitivo. Posso dirti che l’incontro conoscitivo consiste proprio nel conoscere le motivazioni del cane e cercare di esaudirle nel migliore dei modi. Poi, di vitale importanza per una riabilitazione comportamentale, vi è la passeggiata al guinzaglio, la così detta passeggiata strutturata che prevede momenti di pressione e momenti di rilascio. Come dico sempre la passeggiata al guinzaglio deve essere soddisfacente sia per il cane che per il proprietario. Per questo motivo si dovranno alternare le due fasi di pressione e rilascio. L’altruismo reciproco è fondamentale per creare una relazione con il cane e consiste proprio nel rinunciare a qualcosa che è per noi ottimale, in attesa che questa ci venga riconosciuta e contraccambiata. Come vedi la relazione è sempre un po’ per me è un po’ per te”.

Quando i problemi del cane dipendono dai comportamenti del padrone?

“Dobbiamo capire che i proprietari sono molto influenti sul cane, nel bene e anche nel male. La prima connessione che il cane fa sul proprietario è emozionale e gli stati mentali si allineano. È importante anche che tutti i membri della famiglia siano coerenti. Anche le regole sono estremamente importanti, per cui il gruppo sociale (così si chiama in etologia), dovrà vivere la vita in comune in ambito di regole condivise e condivisibili”.

Vediamo continuamente cani addestrati a rispondere a ogni richiesta. Tu cosa ne pensi?

“Il discorso è un po’ lungo. Io direi che esagerando nelle richieste stiamo spegnendo la cognizione del cane e lo stiamo trasformando in una “caricatura” di cane. Riassumendo direi che,  personalmente preferisco un cane che è in grado di fare cento cose diverse anziché uno che sa fare perfettamente una sola cosa”.

Quale episodio legato alla tua professione non dimenticherai mai?

“Ce ne sono molti.  Io sono sul campo da 32 anni e ho molti ricordi legati al mio lavoro, lo sento proprio come una missione. Mi piace aiutare i cani. Loro mi hanno aiutato molto e mi sento ancora di non aver fatto abbastanza per loro. Non mi piace ricordare un cane in particolare, ma posso dirti di averne aiutati molti. Certo però che uno devo ricordarlo, il mio Zeus, un cane che ho preso perché lasciato in canile dal precedente proprietario e che è stato con me per molti anni. Con lui ho iniziato l’attività al Centro di Psicologia Canina di Roma. Era il mio socio. Era un cane speciale. Lo porto sempre nel mio cuore”.

Quale invece non avresti mai voluto vivere?

“Anche in questo caso non c’è un caso particolare, io non vorrei mai vedere i cani incompresi. L’incomprensione è il motivo principale per cui molte persone rinunciano al cane e molti incoscienti portano o riportano il cane in canile. L’unico antidoto all’incomprensione è la cultura. Dobbiamo fare più cultura cinofila e meno marketing. Questo è il mio obiettivo da sempre”.