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Con una lettera del 24 luglio 2021 - la stessa data in cui fu registrata la telefonata col Pontefice - il cardinale Angelo Becciu chiese a papa Francesco di firmargli due dichiarazioni essendo "accusato dai magistrati di aver imbrogliato Lei sia per la vicenda della Suora colombiana, sequestrata in Mali, sia per la proposta di acquisto del Palazzo di Londra che Le presentai a nome di un Fondo Americano". Alla lettera allegò anche due dichiarazioni con la richiesta al Papa di firmarle, cosa che però Francesco si è rifiutato di fare. Il carteggio è stato letto oggi nell'aula del processo dal promotore di giustizia Alessandro Diddi, riferendo di averlo ottenuto in un colloquio con la "Suprema autorità".
Nonostante l'opposizione di alcune difese, il carteggio è stato ammesso dal Tribunale, presieduto da Giuseppe Pignatone, agli atti del processo. "Io dovrei citarLa come Testimone nel Processo, ma non mi permetterei mai di farlo, tuttavia ho bisogno di due Sue dichiarazioni che confermino come siano avvenuti i fatti (vedi Allegati)", scriveva Becciu al Papa nella lettera. "Circa la questione della liberazione della Suora colombiana io mi sento legato al Segreto di Stato per ragioni di sicurezza internazionale, mi dica Lei però se devo ritenerlo tale o se mi scioglie da esso e mi rende libero di rispondere a qualsiasi domanda che mi verrà fatta in Tribunale". Nel primo allegato, dal titolo "Liberazione ostaggio", il Pontefice secondo la richiesta di Becciu avrebbe dovuto sottoscrivere "dichiaro che S.E. Mons. Angelo Becciu, allora Sostituto della Segreteria di Stato, fu da me autorizzato a procedere per la liberazione di Suor Goria Narvaez Argoti, di nazionalità colombiana. A tal fine egli fu autorizzato a recarsi a Londra per contattare un'agenzia specializzata in intermediazione. Dichiaro di aver approvato la somma necessaria per pagare gli intermediari e quella fissata per il riscatto. Per l'intera operazione ho richiesto assoluto riserbo e segretezza e nel momento in cui S.E. Mons. Pena Parra entrò in funzione di Sostituto, provvidi ad informarlo e ad autorizzarlo a seguire la pratica". Col secondo allegato, "Offerta Palazzo di Londra", il Papa avrebbe dovuto dichiarare "che nel giugno 2020 il Card. Angelo Becciu venne da me a riferire una proposta, ricevuta da parte dell'On. Giancarlo Innocenzi Botti, relativa alla Proprietà Immobiliare sita in Londra. Ritenendo la proposta interessante, chiesi al cardinale di riferirla al Rev. Padre Guerrero Alves, Prefetto della Spe, e a S.E. il Card. Pietro Parolin, Segretario di Stato, per le valutazioni di rispettiva competenza, rimettendosi al loro giudizio". Ma Francesco, nella sua risposta via lettera del 26 luglio 2021 - vigilia dell'inizio del processo -, spiega a Becciu che in una precedente lettera del 21 luglio sperava "di aver chiarito la mia posizione negativa sulle dichiarazioni che intende farmi sottoscrivere" sulla liberazione dell'ostaggio e sull'offerta per il palazzo di Londra da parte di Innocenzi Botti, "Evidentemente sono stato da Lei frainteso".
Inoltre, aggiunge il Pontefice, "in particolare, circa l'opposizione del vincolo di segretezza, ribadisco che l'affidamento di denaro ad un intermediatore, per gli aspetti opachi emersi secondo la tesi accusatoria, non può essere coperto da Segreto di Stato per ragioni di sicurezza, né suscettibile di apposizione del segreto pontificio". D'altra parte, nella precedente lettera del 21 luglio - che Becciu chiedeva al Papa di dichiarare "nulla" in vista del processo - Francesco scriveva che la proposta presentata da Innocenzi Botti per rilevare il palazzo di Londra "mi parve subito strana per i contenuti, le forme e i tempi scelti", e "la mia originaria perplessità si rafforzò ulteriormente quando compresi che l'iniziativa in questione era, tra l'altro, indirizzata ad interferire, con effetti ostativi, con le indagini dell'Ufficio del Promotore di Giustizia. La complessiva valutazione di tali elementi mi indusse ad esprimermi in senso negativo sul proseguimento dell'iniziativa". Per quanto riguarda invece le somme di denaro inviate dalla Segreteria di Stato alla società slovena di Cecilia Marogna, il Papa ne parlava come di "estemporanei ed incauti affidamenti di risorse finanziarie distratte dalle finalità tipiche e destinate, secondo le tesi accusatorie, a soddisfare personali inclinazioni voluttuarie. In tal contesto comprenderà bene come non sia possibile l'apposizione di alcun segreto pontificio".