“Quattro giovani vite nel giro di 48 ore hanno preferito mettersi la corda al collo, togliersi la vita pur di evadere da quelle che sono le nostre carceri”.

A denunciarlo è la garante dei detenuti per la Sardegna, Irene Testa, che spiega: “Il più giovane compiva 20 anni il giorno che si è suicidato. Era entrato in carcere da due giorni. Era affetto da disabilità. Così mi è stato raccontato ieri dalla zia che mi ha chiamata alle 11 di notte. Nella disperazione, fra le cose che ha riferito e che saranno oggetto di indagine, una mi ha colpito in particolare. Capita purtroppo nelle famiglie Rom, anche la madre si trovava nello stesso carcere. È stata chiamata per recarsi ad incontrare il figlio. Lei ha creduto fosse un incontro per poter fare gli auguri di compleanno al suo ragazzo, invece, si è trovata davanti al cadavere di suo figlio. È stata ricoverata subito dopo in ospedale”.

La garante dei detenuti ha commentato anche la morte del trapper Jordan Jeffrey Baby, trovato morto in cella dopo essersi suicidato infilandosi la corda al collo. Il 27enne era stato condannato per rapina aggravata dall'odio razziale. Jordan Tinti, questo il vero nome del rapper, si è tolto la vita nei giorni scorsi nella casa circondariale di Torre del Gallo a Pavia.

“Di ragazzi così sono piene le carceri. Quando si tolgono la vita se ne parla, ma le denunce che quotidianamente facciamo cadono nel vuoto. Quando diciamo che andrebbero curati e non solo custoditi la risposta è buttiamo la chiave”.

Il trapper stava scontando una pena a 4 anni e 4 mesi dopo la rapina a un operaio nigeriano ad aprile 2023. Tre mesi fa Jordan era stato trasferito in una comunità dopo aver ottenuto la misura dell'affidamento terapeutico, ma dopo la sospensione della misura aveva fatto ritorno in carcere. In cella aveva già tentato il suicidio, confidando al suo avvocato di aver subito maltrattamenti e abusi durante la sua detenzione. Stavolta, quando è stato trovato, non c'era più niente da fare. 

Quando si registra un suicidio “è una sconfitta per tutti. È un fallimento della politica giudiziaria e penitenziaria”, sostiene costantemente Irene Testa, da sempre impegnata sul fronte dei diritti dei detenuti.