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Non sono certo nuove, né segrete, le frizioni che da tempo alimentano il rapporto fra Pietro Parolin e Angelo Becciu, due delle più influenti figure della storia recente vaticana. Tensioni che affondano le radici nel periodo in cui i due lavoravano a strettissimo contatto: Parolin come segretario di Stato (una sorta di “primo ministro” del Papa), Becciu come sostituto per gli Affari Generali (simile a un capo di gabinetto). Una convivenza che, in queste rispettive posizioni, durò cinque anni, da quando nel 2013 Parolin entrò in Segreteria di Stato e fino al 2018, anno in cui Becciu venne spostato alla Congregazione per le Cause dei Santi.
Prime crepe
Lo spostamento del porporato sardo venne interpretata da alcuni come un tentativo da parte del pontefice di stemperare il clima. Ma a inasprire i rapporti si è aggiunta, successivamente, la pesante vicenda giudiziaria che ha travolto Becciu nel settembre del 2020, quando Papa Francesco accettò le dimissioni dalla carica di prefetto della Congregazione e lo privò dei diritti connessi al cardinalato, pur lasciandogli il titolo. Sul prelato pendevano “gravi sospetti di irregolarità finanziarie”, in particolare sull’uso improprio dei fondi della Segreteria di Stato, compresi trasferimenti sospetti di denaro a cooperative gestite da membri della sua famiglia in Sardegna.
Nel luglio del 2021 il Vaticano rinvia a giudizio Becciu e altri 9 imputati. Il processo inizia a ottobre e due anni più tardi, il 16 dicembre 2023, arriva la sentenza del Tribunale Vaticano: Becciu viene condannato in primo grado a 5 anni e 6 mesi di reclusione per peculato e abuso d’ufficio. Viene invece assolto dalle accuse di subornazione. Non essendoci un sistema penale carcerario vaticano attivo, la pena è stata sospesa in attesa del ricorso in appello (che è già stato fissato per il prossimo settembre). Dal canto suo, Becciu si è sempre dichiarato innocente, e, nonostante la condanna, rivendica oggi il diritto di partecipare al prossimo Conclave, sostenendo che nessun atto canonico lo ha privato formalmente del diritto di voto.
Tensioni in Conclave?
È a questo punto che si sarebbe riaccesa la scintilla (forse mai del tutto affievolita) fra Parolin e Becciu. Come riportato ieri nelle pagine del Fatto Quotidiano, infatti, se il cardinale pattadese reclama il diritto a presenziare al prossimo Conclave (a rigor di norma del tutto legittimo) per l’elezione del successore di Francesco, Parolin, che in quanto cardinale vescovo elettore più anziano di nomina presiederà le sedute, non ne vuole proprio sapere. Già nella prima congregazione generale del Collegio cardinalizio riunitosi ieri, rivela il quotidiano, non sarebbero mancate le divergenze. A questo punto, la decisione finale sulla partecipazione di Becciu al Conclave dovrebbe spettare al decano del Collegio cardinalizio, il cardinale Giovanni Battista Re.
Tuttavia, un’effettiva esclusione implicherebbe conseguenze delicate, giacché, secondo il diritto canonico e la costituzione apostolica Universi Dominici Gregis (di Giovanni Paolo II, 1996, ancora in vigore), “nessun Cardinale elettore può essere escluso dall’elezione attiva e passiva del Romano Pontefice per qualsiasi motivo o pretesto”. Non essendo stato privato della porpora da Papa Francesco, infatti, Becciu rimane a tutti gli effetti un cardinale e, avendo 76 anni, da regolamento avrebbe tutti i requisiti per partecipare al prossimo Conclave (che accoglie tutti i cardinali sotto gli 80 anni). L’allontanamento senza un atto papale formale potrebbe essere percepito come una violazione della legge della Chiesa, aprendo a contestazioni sulla validità del Conclave.
Oltre che sul piano tecnico, uno scenario simile prospetterebbe non poche nubi anche su quello ecclesiale e mediatico: innanzitutto si creerebbe un precedente, poi si aprirebbe una porta alla “politicizzazione” del Conclave. Il clima di divisione fra “fazioni” rischierebbe inoltre di alimentarsi, non solo fra le mura della Cappella Sistina, ma anche pubblicamente. Dietro l’angolo si celerebbero contrasti e scissioni interne (numerose le correnti di pensiero all’interno della Chiesa, fra progressisti e conservatori, curiali e riformatori), discussioni e dibattiti che rischierebbero di sgretolare le già fragili fondamenta del mondo cattolico.
Possibili scenari
A questo punto è lecito porsi una domanda: visto il particolare clima, si potrebbe arrivare a un compromesso? Difficile dare una risposta. Ma possiamo ipotizzare alcuni scenari:
Su sollecitazione riservata del decano del Collegio cardinalizio, Becciu potrebbe rinunciare volontariamente a partecipare al Conclave, senza un atto ufficiale né una comunicazione pubblica, spegnendo così i riflettori sulla vicenda.
La Santa Sede potrebbe decidere di intervenire utilizzando il “pugno duro”, escludendo Becciu per via del processo pendente e della condanna in primo grado. Ma, come già chiarito prima, ciò aprirebbe una reazione a catena tale da mettere in dubbio persino la validità del Conclave.
Becciu partecipa al Conclave: ad oggi pare chiara la volontà del porporato di partecipare alle elezioni del prossimo pontefice. “Il Papa ha riconosciuto intatte le mie prerogative cardinalizie, in quanto non vi è stata una volontà esplicita di estromettermi dal Conclave né la richiesta di una mia esplicita rinuncia per iscritto”, ha chiarito riguardo una sua presunta ineleggibilità. I prossimi giorni saranno dunque cruciali per la scelta che definirà con chiarezza la sua partecipazione o meno.
Precedenti
Ma esistono dei precedenti di cardinali autoesclusi dal Conclave? Chiariamo, ogni epoca ha le proprie dinamiche e vicende, scavare a fondo su di esse, anche a distanza di anni, risulta complicato, se non impossibile. Possiamo però individuare alcuni casi di porporati che, per motivi poi resi pubblici, hanno scelto di rinunciare allo scrutinio papale. Vediamoli:
Conclave agosto 1978: durante il Conclave nel quale venne eletto Papa Albino Luciani, Giovanni Paolo I, a causa di gravi problemi di salute non presenziarono i cardinali John Joseph Wright (prefetto della Congregazione per il Clero), Valerian Gracias (arcivescovo di Bombay) e Bolesław Filipiak (decano emerito della Rota Romana).
Conclave 2005: nell’anno dell’elezione di Joseph Ratzinger come Benedetto XVI, ancora per motivi di salute si autoesclusero Adolfo Antonio Suárez Rivera (arcivescovo emerito di Monterrey) e Jaime Lachica Sin (arcivescovo emerito di Manila).
Conclave 2013: quando Jorge Mario Bergoglio è diventato Papa Francesco erano assenti l'arcivescovo emerito di Giacarta, Julius Riyadi Darmaatmadja, e l'arcivescovo emerito di Saint Andrews ed Edimburgo, Keith Michael Patrick O'Brien: il primo non partecipò per motivi di salute, mentre il secondo “per evitare di attirare l'attenzione dei media”, in quanto accusato di comportamenti inappropriati verso alcuni religiosi.
Fra i casi citati, la maggioranza riguarda problemi legati allo stato di salute. Soltanto uno è assimilabile, per dinamica, a quello di Becciu: l’ultimo, riguardante il cardinale O’Brien. I casi accertati di autoesclusione negli ultimi 30 anni sono quindi relativamente pochi e sono legati principalmente a motivi di salute. I cardinali che si sono autoesclusi per altri motivi (ragioni politiche o strategiche), se presenti non sono stati generalmente documentati ufficialmente, anche se alcune voci e teorie suggeriscono che, in determinati casi, alcuni di essi possano aver scelto di non partecipare volontariamente per evitare conflitti interni alla Chiesa.
Luci e ombre sul caso Becciu
Di recente, le rivelazioni pubblicate dal quotidiano Domani, il 14 aprile 2025, riguardanti nuove intercettazioni e chat inedite nel caso giudiziario che coinvolge il cardinale, gettano nuovi interrogativi sulla vicenda. Queste conversazioni, precedentemente omesse dai magistrati vaticani, sollevano infatti dubbi sulla trasparenza dell'indagine e sulla legittimità delle accuse mosse contro Becciu.
Le conversazioni pubblicate includono messaggi tra Francesca Immacolata Chaouqui, lobbista coinvolta nel caso, e Genoveffa Ciferri, collaboratrice di monsignor Alberto Perlasca. In uno dei messaggi, Chaouqui scrive: “Se scoprono che eravamo tutti d’accordo è finita”, suggerendo una possibile concertazione tra le parti coinvolte nell'inchiesta. Altri messaggi rivelano dettagli riservati sull'inchiesta e sugli interrogatori, precedentemente non divulgati.
Il cardinale Becciu ha definito queste rivelazioni come la conferma di una “macchinazione” ai suoi danni, denunciando un'indagine “costruita su falsità”. Ha sottolineato che tali conversazioni avrebbero dovuto essere rese pubbliche durante il processo e ha annunciato l'intenzione di intraprendere azioni legali per fare luce su queste condotte. Un nuovo tassello sull'imponente vicenda giudiziaria che nei prossimi mesi scriverà nuove pagine: dagli sviluppi sul contrasto pe r il Conclave al processo d'appello previsto per il 22 settembre.