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Mentre la Sea Watch Ë ancora ferma davanti alla costa di Lampedusa, all'alba di stamane sono approdati direttamente in porto altri dieci migranti, presumibilmente tunisini, con un barchino. A bordo della piccola barca anche una donna e un minorenne. I dieci sono arrivati al molo della madonnina, sotto gli uffici della capitaneria di porto, 27 giugno 2019. ANSA/ELIO DESIDERIO
Dopo un periodo di stop sono riprese le partenze dei migranti dall’Africa, verso le coste italiane. Con la complicità del mare calmo e il livello di attenzione sui flussi migratori distratto dall’epidemia, lasciano campo libero agli scafisti.
Sono diverse le segnalazioni arrivate in questi giorni al centralino di Alarm phone di imbarcazioni in difficoltà in zona Sar libica e maltese. Ma a preoccupare sono gli sbarchi autonomi sull’isola di Lampedusa, dove nell’ultima settimana sono arrivate 150 persone.
Il sindaco Totò Martello ha chiesto una maggiore attenzione, ha disposto la messa in quarantena dei nuovi sbarcati nell’hot spot dell’isola e chiesto al ministro dell’Interno Luciana Lamorgese un protocollo per il loro immediato trasferimento sulla terraferma per la mancanza delle necessarie misure a salvaguardia della popolazione. Soprattutto perché il virus ha raggiunto l’Africa: sono centinaia infatti i casi registrati nei Paesi di origine dei migranti e anche la Libia ha dichiarato lo stato di emergenza per l’epidemia. Adesso il nuovo fronte del contagio potrebbe essere quello, visto che nell’ultima settimana sono stati oltre quattrocento i casi che hanno riguardato Algeria, Burkina Faso, Camerun, Egitto (con 58 persone risultate positive), Marocco, Nigeria, Senegal, Sud Africa, Togo e Tunisia. E si contano le prime vittime.
«Si tratta di cifre ancora contenute - ha dichiarato il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus - Certo, potrebbero esserci casi non diagnosticati e anche se potessimo prendere queste cifre per sicure, abbiamo visto come il virus può accelerare. Dunque, il miglior consiglio che posso dare al mio continente - ha aggiunto con un appello accorato - è di prepararsi al peggio e prepararsi ora. Il mio continente deve svegliarsi». L’Organizzazione mondiale della Sanità – come riportato da Il Mattino - sta spingendo affinché questi paesi più poveri pratichino tamponi in maniera massiccia. Il problema è che pochissimi hanno fondi sufficienti per affrontare un volume di test intenso.
Intanto, a partire dal Marocco, è cominciata la chiusura di alcune frontiere. E in altri paesi, come la Tanzania, è sospesa l’attività didattica