Domani saranno trascorsi 13 anni dalla morte di Francesco Cossiga e la scomparsa poco più di due mesi fa di Silvio Berlusconi offre l'occasione per ripercorrere le tappe del rapporto tra i due, trovatisi a incrociare i loro destini politici in un momento storico in cui con la discesa in campo del tycoon sembrava aprirsi una pagina nuova della democrazia italiana nel segno del bipolarismo e dell'alternanza, come fortemente auspicato dall'ex Capo dello Stato nella fase finale del suo mandato presidenziale.

Una prospettiva che nel maggio del 1994 spinse Cossiga, senatore a vita, a concedere il suo voto di fiducia per consentire la nascita del primo Governo di Berlusconi, privo altrimenti a palazzo Madama dei numeri necessari per ottenere la maggioranza. Una decisione presa "per dare una soluzione alla crisi di Governo -spiegò l'ex Presidente della Repubblica- per un coraggioso progredire sulla via della democrazia compiuta, come se valesse il 'già' pur nel 'non ancora', per la rifondazione della nostra Repubblica con un nuovo patto nazionale che nulla rinneghi delle radici storiche ed etiche della Repubblica".

Da quel momento tra i due si sviluppò un rapporto intenso, tra sincera amicizia e alcune incomprensioni di carattere soprattutto politico, come testimoniano le parole che Berlusconi pronunciò rendendo omaggio alla salma di Cossiga: "sono qui per piangere un amico carissimo, affettuoso e generoso. Da oggi mi mancheranno il suo affetto, la sua intelligenza, la sua ironia, il suo sostegno".

Certo, negli oltre 15 anni che trascorsero da quel primo incrocio politico- parlamentare, tra Cossiga e Berlusconi non mancarono per l'appunto i momenti di attrito. Basti pensare alle sollecitazioni dell'ex Capo dello Stato perchè venisse risolta l'annosa questione del conflitto di interessi. O alla nascita del primo Esecutivo presieduto da un ex comunista, Massimo D'Alema, grazie ai voti determinanti dell'Udr, fondata dall'ex picconatore, pochi mesi dopo la decisione di Berlusconi di far saltare il progetto di riforma costituzionale elaborato dalla commissione Bicamerale presieduta dal leader Ds.

Così, quando il leader di Forza Italia tornò a guidare il Governo nel 2001, l'ex Capo dello Stato non andò oltre il voto di astensione, "per il grave giudizio morale su di me da lei pronunziato -disse rivolgendosi al premier- ma soprattutto per il disprezzo da lei espresso per una operazione politica, che poteva anche essere legittimamente giudicata sbagliata, ma che aveva un grande intendimento di etica nazionale e civile: la nomina di una persona che aveva militato nel Partito comunista italiano a presidente del Consiglio, oltre a tutelare in modo immediato e concreto in quel momento vitali interessi interni ed internazionali del Paese".

Ma, grazie all'incessante e preziosa opera di ricucitura svolta da Paolo Bonaiuti e Gianni Letta, il filo del rapporto tra i due non si spezzò mai, anche per la comune visione su questioni politiche fondamentali, uniti soprattutto nel sottolineare l'esigenza di una profonda riforma istituzionale del Paese.

"Da questo punto di vista possiamo parlare di vite politiche parallele", nota all'Adnkronos Francesco D'Onofrio, legatissimo a Cossiga e sottosegretario alle Riforme proprio quando l'allora Capo dello Stato inviò il messaggio alle Camere il 26 giugno del 1991. "Entrambi infatti -aggiunge- hanno vissuto la delusione di aver immaginato, di essersi impegnati e di aver lavorato per cambiamenti radicali del proprio Paese e di non averli visti realizzati".

Cerca di darne una spiegazione Vincenzo Scotti, parlamentare Dc e più volte ministro, uno dei principali attori politici nei mesi in cui Cossiga 'picconava' il sistema' e poi con ruoli attivi anche negli anni in cui sulla scena politica si affermò Berlusconi. "Cossiga -spiega all'Adnkronos- intercetta la crisi politica del Paese, ma di fronte alle difficoltà della Dc e del Psi seguite alla caduta del Muro di Berlino, De Mita e Craxi non riescono a consolidare l'alleanza tra i due partiti e darle un significato politico".

"L'obiettivo che avrebbero dovuto perseguire era quello di un cambiamento istituzionale della seconda parte della Costituzione, reso possibile dal superamento di quelle condizioni politiche che avevano portato De Gasperi e Togliatti ad elaborare un tipo di modello funzionale al timore di non sapere chi dei due avrebbe prevalso".

Quanto a Berlusconi, dice ancora Scotti, "l'dea di una liberalizzazione del Paese caratterizza l'inizio e la fine del suo percorso politico, ma, nonostante la presenza di giuristi e costituzionalisti accanto a lui, manca un preciso progetto riformatore, un disegno politico, più precisamente non riesce ad andare oltre gli annunci anche perché schiacciato dai suoi alleati di Governo".

Cossiga, tuttavia, riteneva che Berlusconi, proprio perché forte di maggioranze ampie, avrebbe dovuto svolgere un'azione riformatrice più incisiva, ad esempio su alcune materie come la giustizia, e fino all'ultimo gli offrì il suo sostegno. Del resto è con il centrodestra che si schierarono i 'quattro gatti' che si riconoscevano nelle posizioni di Cossiga, che tornò a votare la fiducia all'ultimo Governo di Berlusconi, nel maggio del 2008, "perché - spiegò- io non conosco come legittime altre maggioranze nella nostra democrazia che non quelle previste dalla Costituzione" e "perché sul nostro Paese, sull’Europa e sul mondo incombono problemi gravissimi come la fame, il terrorismo islamico fondamentalista e la crescente povertà della nostra gente".

Fu l'ultimo incrocio politico-parlamentare significativo tra i due, visto che il 17 agosto 2010 Cossiga sarebbe morto, prima di vedere le dimissioni di Berlusconi e la nascita del Governo tecnico presieduto da Mario Monti; la condanna del leader di Forza Italia e la decadenza dal Senato per effetto della legge Severino nel 2013; poi la riabilitazione e il ritorno in Parlamento dell'ex premier.