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Individuate in Italia due possibili spie della gravità dei casi di Covid-19, grazie alle quali potrebbe diventare possibile capire, già al momento del ricovero, se il paziente deve essere trattato in modo aggressivo oppure può essere soggetto a trattamenti più blandi. La scoperta, dell'Università Statale di Milano, è pubblicata sulla rivista Scientific Report.
I ricercatori, coordinati dai biochimici Michele Samaja e Rita Paroni, si sono concentrati sui lipidi presenti nel sangue in quanto esistono alcuni presupposti, per ora solo teorici, che fanno intravedere la possibilità di correlare la gravità della malattia con il modo in cui l'organismo elabora i lipidi. A questo scopo sono stati analizzati 50 pazienti reclutati dai reparti di terapia intensiva e sub-intensiva dell'ospedale San Paolo di Milano. In tutti si è osservata una diminuzione generalizzata della quantità di lipidi presenti nel sangue. Inoltre sono state individuate 29 specie di lipidi che potrebbero servire a discriminare i pazienti che sono successivamente peggiorati. Fra questi 29 ne sono stati infine individuati due che potrebbero rappresentare dei marcatori candidati per monitorare la progressione e la gravità della malattia.
"Questi dati, naturalmente, necessitano di conferma", rilevano i ricercatori riferendosi alla necessità di raccogliere ulteriori dati su numeri più ampi di pazienti. Nel frattempo, i ricercatori ritengono che i risultati appena pubblicati possano essere utili "non solo per predire il possibile aggravamento del paziente, ma come supporto per la diagnosi precoce di un'infezione grave (anche non-Covid-19) e per monitorare lo sviluppo di nuovi trattamenti farmacologici".