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"Contiamo di avere in primavera la formula farmacologica commerciabile del vaccino tutto italiano", per il quale l'Istituto Spallanzani di Roma si appresta a cominciare in questi giorni i test di Fase 1 sulla sicurezza. A spiegarlo è stato Francesco Vaia, direttore sanitario dell'Istituto nazionale malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma, intervenendo a 'Omnibus' su La7. "Noi - spiega - andremo probabilmente nei Paesi latinoamericani, pensiamo a Brasile e Messico, dove purtroppo vi sono tanti malati, per la fase 2 e 3". Intanto, ricorda, "lunedì mattina, il 24 agosto, somministreremo la prima dose di vaccino a un nostro concittadino, e il 26 proseguiremo con altre due dosi. La prima fase è quella della sicurezza e verificheremo se il vaccino inoculato può dare qualche fastidio".
Dopo, prosegue Vaia, "ci sarà la fase dell'immunogenicità: dovremo verificare se il vaccino dato ci darà la possibilità di fare anticorpi, che dovranno avere la capacità di essere neutralizzanti, cioè di bloccare il proliferarsi di questo virus e la malattia". Infine, "ci sarà appunto la Fase 2 e 3 che noi pensiamo di sviluppare in Paesi esteri perché fortunatamente, al di là dei catastrofismi a buon mercato che si generano e che fanno solo male al popolo italiano e in particolare ai giovani, noi non abbiamo molti malati", in questo momento. "Basta guardare all'Europa - dice il direttore sanitario - Ieri a Fiumicino la maggioranza dei contagiati erano anche giovani italiani, ma provenienti da Spagna, Grecia, Malta, Paesi nei quali il virus è in fase di grande crescita".
Tornando al vaccino "entro fine anno se continuiamo a essere bravi oltre che a correre veloci, perché la sola velocità a volte è nemica del bene, contiamo di chiudere questa fase e in primavera di avere la formula farmacologica commerciabile di un vaccino tutto italiano, sviluppato da un'azienda italiana", testato "dallo Spallanzani, con volontari italiani. Il vaccino - conclude - è il punto esclamativo alla parola fine del coronavirus e in generale di tutte le malattie infettive".
"Applicare un grande piano Marshall per la scuola", senza ricorrere a soluzioni emergenziali in vista della riapertura "come l'utlizzo di cinema e teatri", questa è l'idea di Vaia, secondo il quale anche per la scuola "è una questione di spazi. Al di là delle mascherine, dell'igiene delle mani - afferma Vaia - c'è bisogno che vengano esercitate azioni immediate, magari reperendo fondi in sede europea". Bisogna "applicare un grande piano Marshall per la scuola, che deve essere migliorata in quantità", a livello di spazi, dunque, "e in qualità". La soluzione non sono provvedimenti emergenziali: "Sono molto contrario a che si utilizzino cinema e teatri, intanto perché a loro volta devono essere rilanciati e soprattutto perché così siamo sempre in una logica post-terremoto, di 'baracche', di tende: prendiamo i giovani e li mettiamo lì provvisoriamente, poi magari questa provvisorietà dura per tantissimo tempo".