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Annamaria Franzoni, che si è sempre proclamata innocente, venne condannata dopo sei anni e quattro mesi di processo giudiziario e mediatico, la sera del 21 maggio 2008 dalla Corte di Cassazione che confermò la sentenza della Corte di Appello di Torino: una condanna a 16 anni per l’omicidio del figlio Samuele, di tre anni, avvenuto a Cogne il 30 gennaio 2002.
L’arresto scattò già il 14 marzo 2002. Un mese e mezzo dopo la morte del piccolo Samuele, ritrovato nel lettone della casa di Cogne, con la testa fracassata da 17 colpi di un’arma che non è mai stata trovata. Servì un mese e mezzo agli inquirenti per mettere insieme gli elementi: il sangue sul pigiama, le macchie sugli zoccoli, gli otto minuti passati fuori casa per accompagnare l’altro bambino.
La sua pena ora è espiata, con mesi di anticipo rispetto alle previsioni, passando da 16 anni di pena a neanche 11, grazie a tre anni di indulto e potendo usufruire di 45 giorni di liberazione anticipata per la buona condotta.
A ottobre 2013, ottenne l’ok al lavoro esterno al carcere in una coop sociale e i primi permessi. Quindi una perizia sostenne che non avrebbe più commesso il delitto di 12 anni prima. Il ricorso venne accolto con l’autorizzazione a trascorrere l’ultima parte della pena agli arresti domiciliari. Uscì dal carcere nel giugno del 2014 per scontare il resto della pena ai domiciliari, a Ripoli Santa Cristina, sull'Appennino bolognese, e aveva già avuto alcuni permessi per passare periodi a casa con il marito e i due figli. Il più piccolo nato un anno dopo il delitto.
"Da un lato sono contenta, dall'altro vorrei trovare la maniera di far capire alla gente che non sono stata io". Così Annamaria Franzoni avrebbe reagito, parlando con persone a lei vicine del caso che la riguarda, anche dopo la notifica della fine della pena. La donna ha sempre detto di essere innocente per l'omicidio del figlio Samuele e continua a dirlo, parlando con le persone che la circondano nella vita quotidiana.
"L'appello che ho sempre rivolto da quando è iniziata l'esecuzione della pena e che rivolgo anche oggi è di dimenticarla". Così l'avvocatessa Paola Savio, difensore di Annamaria Franzoni. "Mi rendo conto - prosegue - che in vicende giudiziarie così spettacolarizzate nel corso degli anni è difficile, ma occorre pensare che ci sono familiari che hanno sofferto con lei". Solo gli ergastoli, ha detto ancora, "non finiscono mai, le altre pene finiscono e anche per lei è finita".