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Ieri è passata la fiducia al premier Draghi in Senato, ma con soli 95 voti favorevoli: il risultato più basso che il governo ha ottenuto in questa legislatura. Un numero così esiguo non poteva che convincere il premier a proseguire sulla strada delle dimissioni, scelta che annuncerà stamane nell'aula della Camera, all'inizio della discussione generale convocata per le ore 9:00.
Alla fine di una giornata "di follia", come la ha riassunta il segretario del Pd Enrico Letta, il non voto in Senato da parte non solo del Movimento 5 Stelle ma anche del centrodestra di governo certifica la fine delle larghissime intese. Non c'è più quella unità nazionale che, nelle parole del premier in Aula, garantiva "legittimità democratica ed efficacia" all'esecutivo.
La fiducia, tecnicamente, Draghi la ha comunque incassata da Pd, Leu Ipf e il centro di Toti. Ma non è bastato. Dopo l'annuncio alla Camera salirà in giornata al Quirinale per rimettere la palla nelle mani di Mattarella.