E' Elena Cecchettin, sorella di Giulia, la "Persona dell'anno 2023" secondo il settimanale L'espresso. 

"L’Espresso ha scelto Elena Cecchettin perché ha trasformato il dolore privato in assunzione di responsabilità collettiva, costringendoci a dare un nome al male di cui soffriamo: il patriarcato. Le sue parole sul patriarcato e la cultura dello stupro di fronte a centodieci vittime di femminicidio sono una lucida diagnosi - spiega il giornalista Enrico Bellavia, che ha firmato l'apertura dell'ultimo numero del settimanale -. Perché è esattamente ciò di cui parla a fare sì che ogni donna uccisa, stuprata, molestata venga considerata una vittima casuale. Assassinata, violentata, ingiuriata per effetto di una tragica coincidenza di circostanze fortuite che generano il mostro di turno. E non invece grano di un rosario di crimini che hanno radice, essenza, tratti e fisionomia comuni. Dentro e fuori le case, al lavoro e per strada. In tutti i luoghi in cui il genere è vissuto come una sorta di discrimine razziale, integrato nella cultura dominante che autorizza il mortificante divario che una pur sacrosanta campagna sul linguaggio scalfisce ma non demolisce".

"Con pacifica determinazione, Elena Cecchettin ce lo ha detto. E nel momento in cui ha impresso al proprio dolore lo stigma di una responsabilità collettiva, nel teatrino della rappresentanza è diventata immediatamente divisiva. E non solo per una questione di cliché non rispettati".

"La sozzura venuta fuori dal putrido retrobottega della politica e la danza dei saltimbanchi da talk show non aveva come fine ultimo quello di dettare un canone estetico, se non etico, al lutto. Puntava invece a ristabilire l’ordinaria regola della prevaricazione eletta a legge", prosegue il giornalista.

"Le diecimila persone ai funerali di Giulia Cecchettin, le cinquecentomila al corteo del 25 novembre a Roma raccontano però che c’è un Paese reale che dalle caverne è fuori già da un pezzo e non ha voglia di aspettare che chi ha delega per decidere smetta clava e pelliccia".