Il Veneto ha superato la Lombardia nel numero di casi di influenza aviaria, con un nuovo focolaio riscontrato sabato scorso a Vigasio, in provincia di Verona, in un allevamento di 800.000 galline ovaiole. Questo ha portato il totale regionale a 24 casi, superando i 23 casi lombardi, e ha contribuito al totale di 53 focolai di aviaria in Italia, che hanno interessato anche Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna.

Durante un incontro con le aziende avicole regionali organizzato da Confagricoltura Veneto nella sede di Padova ad Albignasego, è emerso il quadro attuale della situazione. Calogero Terregino, direttore del dipartimento di Scienze biomediche comparate dell'Istituto Zooprofilattico delle Venezie, ha evidenziato come il virus stia evolvendo, colpendo nuove aree e diffondendosi attraverso uccelli volatili come ibis e aironi. Questa situazione solleva interrogativi sulle misure di biosicurezza attuali e sottolinea l'importanza dell'adozione di un vaccino, attualmente in fase sperimentale tra Italia e Olanda.

Il ministero, nel frattempo, ha rivisto le misure di controllo, concentrando gli sforzi nelle aree critiche tra Mantova e Verona e revocando le restrizioni da Brescia e Ferrara. La questione sarà affrontata il 22 gennaio a Roma durante un incontro ministeriale.

Che cos’è l'aviaria

Come riporta il sito del Ministero della Salute, l'aviaria è una malattia virale che colpisce per lo più gli uccelli selvatici causata da virus appartenenti alla famiglia Orthomixoviridae. L’Influenza aviaria è causata da ceppi di virus appartenenti al gruppo A classificati in base al tipo di emoagglutinina (H) e neuroaminidasi (N).

Gli uccelli selvatici e in particolare gli acquatici fungono normalmente da serbatoio asintomatico del virus eliminandolo attraverso le feci. Anche se gli uccelli selvatici sono spesso asintomatici risultano al contrario molto contagiosi per gli uccelli domestici quali polli, anatre, tacchini e altri animali da cortile.

Infine i virus influenzali appartenenti al tipo A possono infettare anche altri animali (maiali, cavalli, cani, balene) nonché l’uomo. Data l’elevata frequenza con cui questi virus vanno incontro a fenomeni di mutazione, c’è la possibilità che da un serbatoio animale possa originare un nuovo virus per il quale la popolazione umana risulta suscettibile, dando modo alla malattia di estendersi a livello globale e provocando quindi una pandemia.

La più grande varietà di virus dell’influenza aviaria è stata isolata dagli uccelli selvatici e in particolare da volatili acquatici appartenenti agli ordini Anseriformi e Charadriformi. I virus influenzali si sono nel tempo adattati alle specie serbatoio attenuando la loro patogenicità nell’ospite anseriforme. Questi uccelli consentono quindi la permanenza in natura dei soli virus a bassa patogenicità. I focolai sostenuti da virus ad alta patogenicità negli uccelli selvatici sono molto rari in natura.